Vaccino anti Covid e facoltà datoriali
di Antonio Tarzia (Adapt)
Con l’imminente arrivo dei primi vaccini a protezione dell’infezione da Covid 19 i datori di lavoro pubblici e privati cominceranno ad interrogarsi sulla possibilità (nel senso di “facoltà”) di obbligare i propri dipendenti a vaccinarsi per eliminare (o quantomeno circoscrivere) le rigide linee guida per il contenimento del virus e per ridurre il (correlato) rischio di essere chiamati a rispondere in caso di malattia (o di decesso) del lavoratore di cui sia accertata la causa in relazione alla circolazione del virus all’interno dei locali di lavoro.
La questione, allo stato, non è stata (quantomeno ufficialmente) affrontata dal Legislatore, che si limita ad evocare il rispetto della libertà di scelta ritenendo (forse auspicando) che la scelta vaccinale si imporrà da sola senza necessità di un intervento “forzoso” da parte della legge.
Così in realtà non è (e non sarà), e già da qualche settimana circolano sui social ipotesi di “libretto (o passaporto) vaccinale” e ipotesi di facoltà di imporne l’obbligo da parte di alcuni “attori della sicurezza”, in casi particolari (es: trasporto aereo, viaggi all’estero, ecc).
La questione pone in realtà delicati problemi che riguardano le libertà costituzionali, il diritto alla salute, l’obbligo dell’imprenditore di garantire la sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro, lo statuto dei lavoratori. Norme che – già di fatto, ancorchè in modo non esplicito – hanno subito (e tuttora subiscono) parziali contrazioni in forza del periodo emergenziale, ma che, inevitabilmente, si riproporranno con prepotenza all’attenzione di tutti a cessazione del medesimo, che verosimilmente avverrà alla fine della prossima primavera, quando il vaccino comincerà a diffondersi tra la popolazione creando una sorta di barriera naturale che dovrebbe, quantomeno, ridurre la circolazione del virus.
Un primo punto della questione riguarda anzitutto la durata della protezione vaccinale, che – a quanto si dice – sarà simile a quella dei comuni vaccini influenzali. Di tal chè non è da attendersi che l’unica dose di vaccino somministrata nei prossimi mesi produrrà una protezione permanente, come in passato è avvenuto per i vaccini del vaiolo e della poliomelite. Ciò significa che il problema resterà latente nel tempo, e che andrà prima o poi affrontato in tutti i suoi aspetti, anche in considerazione del fatto che il virus potrebbe subire mutazioni e riproporsi in forma pandemica nel medio tempo, considerando la sua capacità di adattarsi ad organismi “veicolo” e a diffondersi con sorprendente velocità tra la popolazione umana.
Un secondo punto della questione riguarda la facoltà dei datori di lavoro di imporre l’obbligo vaccinale ai propri dipendenti. In via generale l’art.2087 impone all’imprenditore di “adottare…le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica…del lavoratore”. In tal senso, il datore di lavoro assolve a quest’onere attraverso l’attuazione dell’art.77 del Dlgs 81/2008 scegliendo i dispositivi di protezione individuale, tra i quali sono compresi anche quelli della protezione delle vie respiratorie (mascherine facciali, ecc). Ma lo stesso art.2087 pone anche un vincolo, rappresentato dall’obbligo di tutelare la personalità morale del lavoratore, che potrebbe essere intesa nel senso che il datore di lavoro non può scegliere (rectius: imporre) il vaccino come dispositivo di protezione individuale (e qui si pone la questione….) a chi non desidera farlo.
Allo stato dell’arte, da anni, soprattutto nelle grandi imprese, l’imprenditore mette a disposizione gratuitamente il vaccino antinfluenzale a chi lo desidera, accompagnando lo stesso ad una sorta di moral suasion interna verso i dipendenti e collaboratori. E’ verosimile che ciò avverrà anche per il vaccino anti Covid 19, ad esempio mettendo a disposizione una sede aziendale in cui effettuare la somministrazione del vaccino in orario di lavoro, atteso che – anche se il vaccino dovrebbe essere gratuito – non è detto che la somministrazione dello stesso sia anche tale……. Questa “offerta” non sarà certamente sufficiente a convincere i riottosi, ma sarà un primo passo.
Un terzo punto della questione riguarda la competenza ad “imporre” o meno l’obbligo vaccinale. Alcuni illustri costituzionalisti hanno già espresso il parere che non basti un DPCM ma che occorra una “legge del Parlamento” che ne imponga l’obbligo.
Ma è verosimile che ciò non basti, considerando che la materia della Sanità ha fonte costituzionale ed è equamente distribuita tra Regioni e Stato e che, come noto, ciascuna Regione decide sul numero dei vaccini obbligatori per l’accesso alla scuola secondo le sensibilità locali.
Sembra quindi un tema aperto, che il Legislatore dovrà porsi a brevissimo termine, cessando di fuggire l’argomento rifugiandosi verso la “libertà di scelta”, e affrontando il tema nelle opportune sedi.
Antonio Tarzia
Avvocato in Venezia