Salute e sicurezza sul lavoro dopo l’emergenza Covid
La pandemia ha avuto conseguenze importanti sulla salute e sulla sicurezza del lavoro. Non solo le trasformazioni indotte dallo smart working hanno determinato una riduzione importante del fenomeno infortunistico, in particolare dei casi in itinere; ma più in generale, l’emergenza ha fatto maturare una sensibilità diversa da parte delle aziende e dei lavoratori
verso un tema che non sempre, soprattutto nel passato, ha ricevuto la giusta attenzione.
Grandi, piccole e piccolissime realtà, tutte indistintamente, si sono confrontate con un cambiamento epocale. Da fattore percepito spesso nella sua “dimensione formale”, legata al rispetto di obblighi e adempimenti, la sicurezza del lavoro è diventata elemento sostanziale ai fini del proseguimento delle stesse attività imprenditoriali. Tutto ciò ha determinato una
evoluzione di attenzione, sensibilità e approccio verso tale tematica che in molti casi ha comportato una innovazione del modello di organizzazione e gestione della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro.
È quanto emerge dall’indagine realizzata tra il 6 e il 12 aprile 2022 su un campione di oltre 2.200 Consulenti del Lavoro che svolgono una funzione centrale nell’orientare e supportare le aziende in materia di salute e sicurezza su lavoro e, in alcuni casi, ricoprendo ruoli essenziali, come quello di Rspp (Responsabile del Servizio di Protezione e Prevenzione).
Ben il 44,3% degli intervistati riscontra infatti, rispetto al 2019, una crescita del livello generale di attenzione delle aziende verso tale aspetto. Un’attenzione che si concretizza soprattutto nel maggiore ricorso all’utilizzo di dispositivi di prevenzione (il 62,7% afferma che è aumentato l’uso) e un complessivo incremento dell’igiene e della salubrità degli ambienti di lavoro (62,5%): entrambi gli aspetti, fortemente sollecitati dall’introduzione di norme ad hoc nel corso dell’emergenza, sono quelli su cui si registra il cambio di passo più significativo.
Ma a migliorare è stata anche la comunicazione interna: il 55,8% dei Consulenti afferma come sia mediamente aumentata l’attenzione da parte di dipendenti e collaboratori, mentre il 52,7%, l’informazione da parte datoriale.
Cresce, secondo il 46,1% degli intervistati, anche l’orientamento verso la prevenzione e, complessivamente, il livello di sicurezza nei luoghi di lavoro: secondo il 46,9% dei Consulenti del Lavoro, questo è più elevato di due anni fa.
A fronte di tali tendenze, che interessano abbastanza trasversalmente piccole e grandi imprese, emerge però una marcata variabilità settoriale. Sanità e istruzione (dove il 53,7% dei Consulenti indica una crescita di attenzione al tema della sicurezza sul lavoro) e alberghi e ristoranti (51,1%), sono i comparti dove si registra la maggiore crescita di attenzione verso la sicurezza. In altri, prevale invece un giudizio di invarianza: è il caso dell’agricoltura, dove “solo” il 20,6% indica un miglioramento. Ma anche del credito, informazione e comunicazione (25% circa), comparti dove presumibilmente i livelli di attenzione erano già elevati. Negli altri, il giudizio risulta più ambivalente: è il caso dell’edilizia, dove a fronte del 45,3% che reputa il livello di attenzione delle imprese aumentato, il 46,9% lo considera invariato.
In secondo luogo, a fronte del “cambiamento di clima” verso la materia, si evidenzia una maggiore difficoltà a tradurlo in misure operative. Se si escludono, infatti, gli interventi promossi dalla pandemia (dispositivi, igiene e salubrità dei luoghi, informazione ai dipendenti), su altre dimensioni, prevale un giudizio di stabilità rispetto al 2019.
“Solo” il 37,6% dei Consulenti segnala un miglioramento delle iniziative formative a favore dei dipendenti e il 33,7% della collaborazione tra le figure preposte alla sicurezza sul lavoro (medici, Rspp). Ancora, poco più di un quarto degli intervistati (28,2%) evidenzia un tendenziale aumento degli investimenti slegati dall’emergenza e il 23,1% un miglioramento delle procedure e dei modelli di gestione. Si tratta di aspetti cruciali che, sebbene più rari,
sono comunque indicativi di un’evoluzione del sistema di gestione che esce comunque rafforzato dall’esperienza pandemica.
Quanto tali dinamiche siano in grado di incidere effettivamente sulla dimensione del fenomeno infortunistico è difficile dirlo. Ancora nel 2021, i dati ufficiali divulgati dall’Inail, risultavano fortemente condizionati dalla pandemia, sia per l’associazione di molti eventi al Covid-19 (7,7% dei casi totali e 15,2% di quelli mortali) che per la diffusione delle misure
eccezionali legate al contenimento dei contagi, a partire dal lavoro agile.
Seppur si tratti di indicazioni da prendere quindi con le dovute cautele (l’ente registra tra le anomalie anche una elevata frequenza di denunce tardive), rispetto al 2019 si registra una riduzione dei casi di infortunio (-86.402, per un decremento del 13,5%) e un aumento di quelli con esito mortale (+132, per una crescita del 12,1%), dovuto principalmente al Covid, responsabile, nel 2021, del 15,2% delle morti sul lavoro.
Considerando però l’andamento del fenomeno al netto dei casi Covid, emergerebbe un decremento importante: sia dei casi denunciati (quasi 129 mila per un decremento del 20,1%) che di quelli mortali (-54 per un decremento del 5%).
La diffusione dello smart working, quale strumento principale di prevenzione alla diffusione dei contagi, oltre a contenere il rischio, è stato il fattore che ha maggiormente influenzato la dinamica infortunistica. Rispetto al 2019, gli infortuni in itinere sono diminuiti del 20,3%, mentre quelli con esito mortale, che nel 2019 hanno contribuito al 28,1% delle morti sul
lavoro, sono diminuiti del 19%, portando l’incidenza al 20,3%.
Un effetto di cui hanno beneficiato soprattutto le donne, maggiormente interessate dagli infortuni nel tragitto casa-lavoro. Nel 2019 questi hanno generato il 22,4% degli infortuni totali e ben il 51,1% di quelli con esito mortale, mentre nel 2021 i valori sono scesi rispettivamente al 19,3% e 27,8%.
Il ritorno al lavoro in presenza nel corso del 2021 ha, però, prodotto una ripresa del fenomeno rispetto all’anno precedente, con la crescita degli infortuni in itinere del 29,2% e delle morti correlate del 15,9%. Di contro, gli infortuni in occasione di lavoro hanno continuato a diminuire anche nel corso dell’anno, registrando un decremento dei casi del
3,5% e di quelli mortali del 7,9%.
Lo sviluppo del lavoro agile, pur utile al contenimento degli infortuni, rappresenta, tuttavia, una questione ancora aperta, in considerazione delle nuove sfide che pone anche in termini di sicurezza. La dislocazione dell’attività lavorativa dall’azienda ad altro luogo prevede infatti una responsabilizzazione del lavoratore, a cui è chiesto di collaborare per organizzare al meglio la propria postazione di lavoro domestico, al fine di garantire adeguata sicurezza e
prevenire l’accadimento di infortuni o l’insorgere di malattie.
Da questo punto di vista, se il 38% dei Consulenti del Lavoro pensa che il nuovo modello organizzativo abbia un impatto indiscutibilmente positivo sul rischio infortunistico, la metà (50%) fornisce una valutazione più ambivalente, evidenziando al tempo stesso, l’emergere di nuove criticità legate alla sicurezza degli ambienti domestici. Il 43,2% segnala come queste, stando alla loro esperienza, adottino misure ad hoc, che si concretizzano però principalmente in informative sui rischi (27,9%) e, in misura minore, in corsi di formazione specifici per i lavoratori agili (9,2%), o misure di prevenzione collegate al tecnostress e isolamento (9,6%), o richiesta di reportistica/autovalutazione dei rischi (8,3%).
Quello della sicurezza appare, all’indomani della pandemia, un cantiere ancora aperto, le cui direttrici sono molto incerte. Da un lato, le importanti novità relative all’innovazione dei modelli di lavoro potranno avere un impatto rilevante in termini di contenimento del fenomeno; dall’altro lato, la ripresa occupazionale e l’effetto traino che in questa sta avendo
un settore ad elevato rischio, come le costruzioni, rischia di presentare per l’anno in corso un
bilancio meno positivo del passato.
Secondo i dati diffusi dall’Inail, nel 2021 il settore edile ha registrato una crescita significativa sia del numero di infortuni (+17,1% tra 2020 e 2021) che dei casi mortali (11,4%), portando l’incidenza di questi ultimi sul totale della gestione Industria e Servizi, dal 12,2% del 2020 al 15,5% del 2021.
Anche l’aspetto normativo costituisce una variabile importante del sistema. Secondo la maggioranza (52,1%) dei Consulenti del Lavoro intervistati, la revisione della normativa esistente con la Legge n. 146 del 2021, pur avendo aspetti positivi, non interviene sui nodi strutturali che limitano l’attuale sistema. Per migliorare l’efficacia della normativa, il 67%
degli intervistati pensa che occorrerebbe semplificarla, con l’intento di renderla più accessibile anche a quelle realtà che incontrano maggiori difficoltà di attuazione proprio a causa delle ridotte dimensioni. A seguire, il 40,8% reputa necessari maggiori sostegni economici alle medie e piccole realtà, mentre il 33,7% una revisione del sistema sanzionatorio, che rischia di essere particolarmente rigido e penalizzante per la piccola impresa.
A seguire, per circa un quarto del campione (27%), il fattore ostativo è la scarsità di informazioni soprattutto con riferimento agli strumenti di sostegno economico a disposizione delle imprese, mentre il 23,6% pensa che l’intera normativa dovrebbe essere rivista, tenendo conto delle specificità settoriali e dimensionali che ne condizionano
l’applicazione.