Ministero del Lavoro: Dimissioni per fatti concludenti – Durata assenza e ricostituzione del rapporto. Nuovi chiarimenti

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, rispondendo ad una richiesta di chiarimenti da parte del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, inviata in data 2 aprile 2024, fornisce alcune precisazioni in merito alle indicazioni contenute nella circ. n. 6 del 27.03.2025 , relative alla procedura di dimissioni per fatti concludenti prevista dall’articolo 19, della Legge n. 203/2024 ( cd. Collegato Lavoro ).

La procedura delle dimissioni per fatti concludenti –  Con il Collegato Lavoro il Legislatore ha introdotto la nuova procedura di dimissioni, applicabile in caso di assenza ingiustificata del lavoratore protratta per un certo numero di giorni. Il meccanismo di presunzione legale, posto alla base della procedura,  considera l’assenza non motivata e prolungata da parte del dipendente  come manifestazione implicita della volontà di risolvere unilateralmente il rapporto di lavoro. Pertanto, se il lavoratore si assenta senza giustificazione per 15 giorni consecutivi, il datore può ricorrere alla procedura con cessazione del rapporto di lavoro, previa trasmissione della relativa comunicazione obbligatoria al Centro per l’Impiego.

La richiesta di chiarimenti del CNO – Con la lettera del 2 aprile il Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro ha avanzato richiesta di chiarimenti in merito all’interpretazione fornita dal Ministero con specifico riguardo :

•       alla facoltà della contrattazione collettiva di modificare il  termine legale dei 15 giorni, oltre il quale è possibile attivare la procedura ;

•      alle conseguenze derivanti dal mancato ripristino del rapporto di lavoro nel caso in cui il lavoratore fornisca la prova dell’ impossibilità di comunicare i motivi dell’ assenza.

La risposta del Ministero – Ai quesiti posti dal Consiglio Nazionale dell’ Ordine dei consulenti del Lavoro, il Ministero ha fornito, con nota del 10 aprile, i necessari chiarimenti.

In particolare, per quanto concerne il decorso legale dei quindici giorni di assenza ingiustificata, è stato precisato che  esso “opera in via residuale, in assenza di previsione contrattuale. Tuttavia, l’espressione utilizzata dal legislatore (art. 19, L. n. 203/2024) per la quale il termine deve ritenersi in mancanza di previsione contrattuale, superiore a quindici giorni, ha fatto propendere per la considerazione, di prudenza, della non agibilità della previsione di termini inferiori da parte della contrattazione collettiva”. Nonostante l’articolo 19 non preveda “espressamente” l’inderogabilità del termine dei quindici giorni – precisa il Ministero – la norma non consente “interpretazioni peggiorative della posizione del lavoratore”.

Sui dubbi espressi dal CNO sulle conseguenze per mancato ripristino del rapporto di lavoro, il Ministero evidenzia la necessità di distinguere tra le diversi ipotesi prospettate. Di conseguenza, se “superato il termine per l’assenza ingiustificata e comunicata la circostanza all’Ispettorato territorialmente competente, quest’ultimo verifichi l’insussistenza dei presupposti richiesti dal nuovo comma 7-bis dell’art. 26 D.Lgs. n. 151/2015, il rapporto di lavoro dovrà pur sempre essere ricostituito per iniziativa del datore di lavoro”. Ma se quest’ultimo non ritiene valide le ragioni del lavoratore, il rapporto di lavoro non potrà ricostituirsi in automatico.

Nel caso, invece, in cui il lavoratore, dopo l’avvio della procedura di cui al nuovo comma 7-bis, “ma prima che la stessa abbia prodotto il suo effetto dimissivo, comunichi le proprie dimissioni, queste ultime produrranno gli effetti previsti dalla legge dal momento del loro perfezionamento”. In caso di dimissioni per giusta causa – prosegue il Dicastero – la verifica della sussistenza delle ragioni che hanno portato al recesso del lavoratore potrà essere oggetto in un successivo contraddittorio tra le parti, anche in sede giudiziale.

Fonte: Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali

Tratto da lavorosi.it

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