Huffington Post 26 nov. 2020 – Non sempre la percezione che si ha di un dato evento corrisponde più o meno esattamente al fatto “oggettivo”, spesso è vero anzi il contrario: ai nostri giorni si ha la sensazione che la comunicazione pervasiva e, direi, “invadente” che caratterizza l’era di internet e dei social media (grazie ai quali, citando il compianto Umberto Eco, si “dà diritto di parola a legioni di imbecilli”) amplifichi situazioni che sono sempre esistite, provocando un allarme sociale sproporzionato rispetto alla causa che lo ha determinato.
Provo a spiegare il punto di arrivo di questo mio breve ragionamento. Con una frequenza che si caratterizza per una progressione inquietante, gli organi di informazione e i talk show televisivi riferiscono di aggressioni ai danni di medici e infermieri, consumate negli ospedali e nei presidi sanitari del nostro Paese.
Per lo più si tratta di parenti insoddisfatti dell’operato di quanti hanno fatto della salvaguardia della vita altrui una ragione della propria, di vita. Si tratta di fatti oggettivamente aberranti, che testimoniano del degrado morale di chi li compie.
Tuttavia, e arrivo al punto, la domanda che ritengo sia utile porsi è la seguente: è sempre stato così, ma la società della comunicazione di massa contribuisce oggi ad aumentare la risonanza di tali accadimenti?
Secondo un documento depositato dall’ANAAO-ASSOMED (Associazione Medici Dirigenti) in occasione di una recente audizione al Senato non è così, infatti il primo caso di violenza fisica che degenera in omicidio ai danni di un medico risulta essere avvenuto nel 1989 a Potenza, quindi poco più di 30 anni fa. Pur se avessi l’ardire di avventurarmi in una spericolata analisi sociologica volta a valutare l’impatto che la fine della Guerra Fredda può avere avuto sui comportamenti dei singoli, credo di poter affermare senza tema di smentita che la coincidenza con la caduta del Muro di Berlino sia propria tale, una mera coincidenza… complottisti permettendo…
La verità è che in questo specifico caso i mass-media non stanno gonfiando il fenomeno, a beneficio dell’audience. Ciò che molto più semplicemente, e correttamente, occorre evidenziare è la probabile, se non certa, correlazione di causa-effetto tra i fenomeni di violenza in corsia e la rimozione dei presìdi delle forze dell’ordine negli ospedali, unita alla contemporanea perdita di quel sentimento nominato “alleanza terapeutica” che legava medico e paziente. Tagli lineari nella spesa della Pubblica Amministrazione, razionalizzazione delle risorse umane e finanziarie, sottovalutazione di un rischio probabile che si è dimostrato invece concreto, queste sono le ragioni che hanno indotto a rinunciare ad un fondamentale strumento di deterrenza e prevenzione a tutela del personale medico e dell’utenza.
Parlo con cognizione di causa, nella veste prima di imprenditrice della vigilanza privata e ora di presidente della sua principale associazione di categoria, l’ASSIV.
La sussidiarietà e l’integrazione, infatti, tra pubblico e privato nei servizi di vigilanza hanno fatto sì che spesso la sicurezza nei presìdi sanitari sia affidata proprio alle guardie giurate, caratterizzate in teoria da alti livelli di qualificazione e professionalità e perfettamente in grado di assolvere al meglio ai compiti di prevenzione prima affidati alle forze dell’ordine.
E allora perché si registra questa recrudescenza nei fatti di cronaca in corsia? La risposta è al tempo stesso semplice quanto inquietante: perché non esistono linee guida specifiche per consentire alle direzioni amministrative degli ospedali di bandire in maniera appropriata i relativi bandi di gara! Dall’assenza di analisi di rischio effettive discende l’impossibilità di programmare e realizzare efficaci misure di sicurezza.
La questione è tutta qui. Se si pensa che l’effetto di deterrenza assicurato in passato dalle postazioni di polizia possa essere garantito dalla vigilanza privata non armata, si vive nel mondo dei sogni! Eppure nei capitolati di gara si fa riferimento quasi sempre alla vigilanza tout court, che si sostanzia spesso in personale non decretato, assimilabile per funzioni e qualificazione a quello di mera portineria.
Se la questione della scarsa qualificazione delle stazioni appaltanti è un refrain cui abbiamo dovuto nostro malgrado assuefarci, quale aggravante dobbiamo tristemente constatare che i bandi di gara prevedono costi di lavoro a base d’asta che non arrivano a 10 euro/ora. Ciò costringe le aziende di vigilanza, per non essere tagliate fuori dal mercato, a partecipare alle procedura ad evidenza pubblica proponendo personale meno caro, di conseguenza meno qualificato, certamente quindi non personale armato. Un vecchio detto recita che non possono farsi le nozze con i fichi secchi.
Esempi di gare bandite in modo poco accorto ne potremmo fare diversi: lo scorso anno Soresa per la Regione Campania, pur indicando il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa per l’assegnazione di servizi di vigilanza nelle strutture sanitarie regionali, ha costruito i bandi in modo tale che la sproporzione fosse a vantaggio del prezzo, adottando in buona sostanza il criterio del massimo ribasso, mascherandolo, pur senza grande abilità.
Il nocciolo della questione può ridursi a questo: le aggressioni al personale medico in ospedale rappresentano o no motivo di allarme sociale? E pongono una questione di sicurezza degna di essere presa in debita considerazione, in ragione della natura dell’attività svolta e dalla situazione di oggettiva vulnerabilità che caratterizza chi purtroppo deve servirsi delle cure del nostro sistema sanitario nazionale. Se la risposta è affermativa, come noi riteniamo e come i media vogliono fare intendere, forse quegli stessi media e l’opinione pubblica dovrebbero adoperarsi affinché il legislatore ne tragga le dovute conseguenze.
Esistono norme che regolano il diametro dei frutti in commercio, appare folle che non vi sia l’obbligo di garantire requisiti minimi, e le necessarie risorse, per garantire l’incolumità fisica di medici e pazienti. Ma è sempre questione di priorità…
Segui il blog di Maria Cristina Urbano sull’Huffington Post: https://www.huffingtonpost.it/entry/le-aggressioni-al-personale-medico-in-ospedale-sono-motivo-di-allarme-sociale_it_5fbe425cc5b6e4b1ea475e32?ncid=other_homepage_tiwdkz83gze&utm_campaign=mw_entry_recirc