La seconda indagine nazionale sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (Insula 2) si pone come obiettivo principale di monitorare la qualità delle condizioni di lavoro al fine di evidenziare gli aspetti chiave per una gestione efficace della salute e sicurezza nelle aziende italiane e promuovere il benessere dei lavoratori.

Le evidenze emerse dalla survey sono state illustrate durante un webinar a cui hanno partecipato i vertici dell’Istituto. Bettoni: “Comprendere e interpretare i reali bisogni dei soggetti che vivono quotidianamente la gestione dei rischi lavorativi è indispensabile per individuare politiche, buone prassi e modalità di sostegno”. In una sezione del testo, disponibile online, le analisi secondarie svolte per la stima del rischio di contagio da Covid-19.

Fornire un contributo efficace per progettare nuove politiche per la salute e la sicurezza sul lavoro, anche in relazione ai cambiamenti socio-economici, e promuovere il benessere dei lavoratori. È questo l’obiettivo di Insula 2, la seconda indagine nazionale realizzata dal Dipartimento di medicina epidemiologia igiene del lavoro e ambientale (Dimeila) dell’Inail durante il 2019, che segue e sviluppa la prima svolta nel 2014. I risultati della survey, utilizzati come base informativa nelle varie fasi della pandemia da Covid-19, sono stati presentati durante un webinar al quale hanno partecipato il presidente e il direttore generale dell’Istituto, Franco Bettoni e Giuseppe Lucibello, Teresa Armato, presidente della Commissione ricerca del consiglio di amministrazione e Giovanni Luciano, presidente del Consiglio di indirizzo e vigilanza.
Sono intervenuti, tra gli altri, il direttore del Dimeila, Sergio Iavicoli, che ha illustrato il lavoro svolto, i direttori centrali prevenzione e ricerca, Ester Rotoli ed Edoardo Gambacciani, il direttore generale dei rapporti di lavoro e delle relazioni industriali del Ministero del lavoro, Romolo De Camillis, e la presidente della Società italiana di medicina del lavoro, Giovanna Spatari.
 
La percezione dei rischi da parte dei lavoratori e il contributo dell’Inail al Cts. Grazie al coinvolgimento di un campione rappresentativo della forza lavoro composto da 8mila lavoratori e mille datori di lavoro, l’indagine Insula 2 ha delineato un quadro della qualità delle condizioni di lavoro in Italia in base alla rilevazione della percezione dei rischi per la salute e la sicurezza presenti in azienda e della consapevolezza rispetto al sistema di tutela previsto dal d.lgs. 81 del 2008. In questa edizione sono stati approfonditi i temi legati all’innovazione tecnologica e alle nuove modalità di lavoro, con un focus su salute e stili di vita. I dati della ricerca, conclusa subito prima dell’inizio della pandemia da Covid-19, hanno fornito un contributo per la stima del rischio di contagio nell’ambito delle attività che l’Inail ha intrapreso a supporto del Comitato tecnico scientifico (Cts), per la gestione dell’emergenza epidemiologica in Italia.
 
Preoccupano di più il rischio stress lavoro-correlato e gli altri rischi psicosociali. Se la maggior parte dei lavoratori interpellati percepisce poco o per niente la presenza di rischi per la salute e la sicurezza, le differenze si riscontrano tra i vari settori. In particolare, nel settore della sanità ci si sente più esposti a rischi e si ha più paura di ammalarsi, mentre nei settori delle costruzioni e dei trasporti cresce la paura di infortunarsi. Il rischio stress lavoro-correlato e altri rischi psicosociali risultano quelli a cui i lavoratori si sentono maggiormente esposti, seguiti dal rischio biomeccanico ed ergonomico, dal rischio da lavoro al videoterminale e dai rischi fisici. Tra i fattori psicosociali maggiormente percepiti come rischi relativi all’attività lavorativa sono emersi, in particolare, la bassa autonomia decisionale, gli sforzi richiesti, la mancanza di supporto da parte di capi o colleghi e gli scarsi riconoscimenti per il proprio lavoro.
 
Lo smart working prima della pandemia e l’aggiornamento tecnologico. Secondo i dati della survey, meno dell’11% degli intervistati ha dichiarato che nella propria azienda è stato attivato lo smart working, mentre il 70% dei lavoratori che ne hanno usufruito, dichiara di essere completamente e abbastanza d’accordo sul fatto che abbia migliorato il bilanciamento tra la vita lavorativa e la vita privata. In generale, sono le donne le più favorevoli all’introduzione dello smart working. Nel frattempo, i cambiamenti introdotti dagli aggiornamenti tecnologici hanno riguardato principalmente i processi lavorativi e le modalità di interazione e collaborazione tra i colleghi. Riguardo al grado di accettazione della tecnologia, circa il 57% del campione è per niente o poco d’accordo sul fatto che in futuro la propria mansione lavorativa possa diventare obsoleta a causa delle innovazioni tecnologiche, mentre, circa il 65% ritiene che la tecnologia sia molto o completamente utile per lo svolgimento dell’attività lavorativa.
 
Le analisi a supporto della gestione dell’emergenza sanitaria. In base ai risultati dell’approfondimento dedicato all’indicatore di percezione del rischio biologico, sono i lavoratori appartenenti al settore della sanità a dichiarare un’esposizione maggiore, seguiti da quelli appartenenti ai settori dell’istruzione, dell’amministrazione pubblica e della difesa sociale obbligatoria. Le analisi svolte hanno preso in esame anche i dati relativi alle modalità utilizzate dai lavoratori per andare e tornare dal lavoro: il 15,6% utilizza un mezzo pubblico collettivo (autobus, tram, metro o treno) almeno per una parte del tragitto casa-lavoro, mentre il 77,2% degli intervistati utilizza il mezzo privato e il 17,8% sceglie di andare a piedi o in bicicletta. Non supera il 2% la quota di soggetti che utilizzano la navetta aziendale. Una trattazione a parte, infine, è stata riservata alle abitudini alimentari dei lavoratori, soprattutto per i settori delle attività manifatturiere e delle costruzioni.
 

Fonte: INAIL