di Maria Cristina Urbano – 8 febbraio 2025
Questa iniziativa legislativa mira a disciplinare la partecipazione gestionale, economica, finanziaria, organizzativa e consultiva dei lavoratori nelle aziende italiane. Un provvedimento ambizioso che può migliorare competitività aziendale e stabilità occupazionale
Il dibattito sulla partecipazione dei lavoratori alla gestione e ai risultati delle imprese ha assunto una nuova centralità con la proposta di legge attualmente in discussione alla Camera dei Deputati, con l’obiettivo di giungere ad approvazione e trasmetterla all’altro ramo del Parlamento in tempi verosimilmente rapidi.
Questa iniziativa legislativa mira a disciplinare la partecipazione gestionale, economica, finanziaria, organizzativa e consultiva dei lavoratori nelle aziende italiane. Si tratta di un provvedimento ambizioso che, in attuazione dell’articolo 46 della Costituzione, si propone di rafforzare la collaborazione tra lavoratori e datori di lavoro, migliorando la competitività aziendale e la stabilità occupazionale. L’implementazione dell’intero impianto normativo ruota intorno alla contrattazione collettiva, considerata strumento chiave per garantire l’effettiva applicazione delle nuove disposizioni. Nella proposta di legge vi è l’ampliamento della definizione dei contratti collettivi. La normativa include, infatti, nell’ambito della contrattazione collettiva, non solo i contratti collettivi nazionali, ma anche quelli territoriali e aziendali, stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente e maggiormente rappresentative a livello nazionale. Questa estensione ha l’obiettivo di garantire una maggiore flessibilità nella regolazione dei rapporti di lavoro, adattandosi meglio alle specificità dei settori e delle aziende coinvolte.
Uno degli aspetti più rilevanti della proposta di legge riguarda l’inserimento dei rappresentanti dei lavoratori nei consigli di sorveglianza e nei consigli di amministrazione delle imprese. In particolare, nelle aziende che adottano il sistema dualistico di governance, gli statuti potranno prevedere la nomina di rappresentanti dei lavoratori nel consiglio di sorveglianza, garantendo così una voce diretta nelle decisioni strategiche aziendali. Anche nelle imprese con sistema tradizionale sarà possibile prevedere la presenza di amministratori espressi dai lavoratori, assicurando un’interlocuzione costante tra proprietà e dipendenti.
Un altro punto qualificante della proposta è la promozione di strumenti di partecipazione finanziaria, attraverso i quali i lavoratori potranno beneficiare di una quota degli utili aziendali, godendo di un regime fiscale agevolato. Particolarmente significativo il fatto che i dividendi derivanti dalle azioni assegnate ai lavoratori in sostituzione dei premi di risultato saranno parzialmente esentati dalle imposte, rafforzando così il legame tra il successo dell’impresa e il benessere dei dipendenti.
La proposta di legge introduce inoltre strumenti innovativi per rafforzare il dialogo sociale e la sostenibilità delle imprese. Le aziende potranno istituire commissioni paritetiche composte da rappresentanti dei lavoratori e dell’impresa, con il compito di elaborare piani di miglioramento e innovazione. Inoltre, viene promossa l’introduzione di figure specifiche dedicate alla formazione, al welfare aziendale, alla qualità dei luoghi di lavoro e all’inclusione delle persone con disabilità, riconoscendo l’importanza del benessere lavorativo come elemento di competitività.
A mio avviso, nel complesso, l’iniziativa legislativa è positiva in quanto pone al centro dell’attenzione il tema della partecipazione dei lavoratori alla vita aziendale. Riteniamo fondamentale che la contrattazione collettiva sia e resti lo strumento principale per disciplinare la partecipazione, lasciando alle imprese e ai sindacati la libertà di individuare le soluzioni più adatte alle specifiche esigenze produttive.
Ogni intervento normativo dovrebbe garantire che tali strumenti partecipativi non rallentino i processi decisionali delle imprese, né impongano modelli standardizzati che potrebbero non adattarsi alle diverse realtà aziendali. La crescita della cultura della partecipazione deve essere un processo graduale e basato sul dialogo tra le parti sociali, piuttosto che su obblighi imposti per legge, e perché il modello funzioni, dovrà essere sciolto anche il nodo della rappresentatività delle parti sociali.
Il dibattito in Parlamento e tra le parti sociali sarà determinante per comprendere se questa proposta riuscirà a tradursi in una reale innovazione per il mondo del lavoro italiano.