Confindustria: Audizione DDL Riforma fiscale
Emanuele Orsini, Vice Presidente di Confindustria per il Credito, la Finanza e il Fisco, è intervenuto in audizione presso la Commissione Finanze della Camera dei Deputati sulla Delega al Governo per la riforma fiscale.
Gli indicatori qualitativi diffusi a inizio 2023 forniscono segnali più confortanti rispetto alla fine del 2022, ma le imprese continuano a valutare negativamente lo scenario per gli investimenti.
Dall’indagine Banca d’Italia sul primo trimestre emerge che i giudizi sulle condizioni per investire sono divenuti meno negativi, sia per industria e servizi (-17,6% il saldo delle risposte, -45,0% in media nel 2022), che per le costruzioni (-26,4% da -46,3%). Tuttavia, la quota di programmazione degli investimenti da parte delle imprese nei prossimi sei mesi è in calo (industria e servizi 14,7%, da 21,1%; costruzioni 18,1% da 23,1%), sebbene resti storicamente alta (8,3% e 2,9% nel 2019).
L’espansione degli investimenti nel 2022 è stata ottenuta soprattutto con i +37 miliardi delle imprese, ma anche grazie ai +14 miliardi di spese strutturali in abitazioni sostenute dalle famiglie.
In questo quadro, occorre ripartire da un riassetto complessivo del sistema fiscale, orientato alla crescita, al sostegno degli investimenti, alla riduzione del carico fiscale e alla certezza del diritto.
Apprezziamo l’approccio metodologico adottato nel DDL. Infatti, è un’impostazione che punta, in un arco temporale ben definito, ad un intervento complessivo di riforma del sistema fiscale al quale le imprese sono pronte a dare un contributo concreto; per questo, apprezziamo il richiamo espresso nel DDL alla possibilità di ricorrere a tavoli tecnici con associazioni di categoria per l’elaborazione dei decreti legislativi.
PRIORITA’ PER LE IMPRESE
IRES
La proposta di un’IRES a doppia aliquota – con un’aliquota base auspicabilmente ridotta rispetto all’attuale 24% – è da accogliere con interesse, anche nell’ottica di una maggiore capitalizzazione delle imprese, anche se non è attualmente possibile darne una valutazione complessiva data la mancanza di informazioni dettagliate sul disegno della nuova imposta e in particolare sul concreto impatto in termini di tassazione delle imprese.
L’eventuale riduzione dell’aliquota legata ad un incremento dell’occupazione dovrebbe tener conto delle profonde differenze tra i comparti produttivi (non tutti labour intensive), ma anche degli investimenti fatti in questi anni nella direzione di una maggiore digitalizzazione. Potrebbe, ad esempio, essere utile individuare un meccanismo che agevoli l’ingresso di giovani e donne nel mondo del lavoro (accrescere la partecipazione di queste ultime al mondo del lavoro è, peraltro, anche un modo per contrastare il declino demografico); non vanno, inoltre, trascurate, specifiche iniziative di sostegno alla nuova imprenditorialità e alla formazione del personale: gli ultimi dati (ISTAT e Commissione Europea) mostrano un’occupazione in aumento in Italia, ma una scarsità di manodopera per molte imprese che necessitano di personale qualificato e formato.
Da definire, poi, gli investimenti qualificati: in questa selezione, occorrerà tener conto degli incentivi già esistenti e delle differenze tra settori produttivi digitalizzati e settori tradizionali; si dovranno, inoltre vagliare adeguati correttivi per i soggetti che non versano l’IRES e per regolare i complessi profili intertemporali.
PERDITE FISCALI E INTERESSI PASSIVI
Accogliamo con favore i criteri previsti nella delega in materia di perdite fiscali e interessi passivi, perché si tratta di temi sui quali Confindustria da anni sollecita un intervento. Attualmente è assente il regime di carry back delle perdite fiscali, ma contiamo possa trovare spazio nella fase attuativa della delega, in linea con quanto avviene già in altri ordinamenti fiscali europei.
Un altro aspetto condivisibile è l’ avvicinamento tra valori civilistici e fiscali, che dovrebbe garantire alle imprese una maggiore semplicità nella determinazione dell’onere fiscale partendo dai dati di bilancio.
IRAP
L’intenzione del Governo di sostituire l’IRAP con una sovraimposta dell’IRES desta preoccupazione. L’IRAP è un prelievo che grava sul capitale investito nell’impresa, colpendo le imprese maggiormente indebitate o in perdita. A questo va aggiunto che l’imposta non è deducibile, se non in minima parte, dalle imposte sui redditi, con ulteriore aggravio per le imprese, oltre che in termini di carico fiscale, anche di adempimenti. Alla luce delle numerose criticità del tributo, Confindustria da anni ne sollecita il superamento.
La sostituzione dell’IRAP con una sovraimposta IRES, tuttavia, annullerebbe, di fatto, un qualsiasi beneficio dell’IRES a doppia aliquota e collocherebbe l’Italia tra i Paesi europei con la più elevata tassazione sui redditi delle società, con una significativa distanza dalla media UE e con effetti negativi sulla competitività internazionale e attrattività del sistema fiscale italiano.
IRPEF
Con riguardo all’IRPEF abbiamo apprezzato la scelta del Governo di procedere ad una riforma graduale dell’impianto attuale, compatibilmente con gli attuali vincoli di finanza pubblica. Nell’ottica di sostenere la domanda interna, strategica per la crescita del nostro Paese, riteniamo che le misure di riduzione del cuneo contributivo adottate nel 2023 da questo Governo, non solo devono essere strutturali, ma anche essere affiancate da interventi di riduzione del prelievo fiscale sulle persone fisiche.
Per queste ragioni abbiamo apprezzato la volontà di semplificare e razionalizzare le misure fiscali sui benefit erogati ai dipendenti (c.d. welfare aziendale) poiché potrebbe aprire a nuove misure di sostegno alla mobilità sostenibile (es. car sharing, car pooling, bonus mobilità), in linea con gli obiettivi europei di sostenibilità ambientale. Apprezzata anche la scelta di non intervenire sul sistema di incentivi fiscali per la sanità integrativa. Quest’ultima è un elemento fondamentale per la tenuta del sistema salute italiano.
Oltre a questo, non vanno escluse nuove misure in favore delle imprese che predispongono piani di welfare aziendale per finalità di particolare rilevanza sociale (es. interventi in favore dell’infanzia, sostegno ai familiari anziani, estensioni della copertura sanitaria integrativa) per dare un concreto contributo al progresso e al benessere del Paese. Maggiori dubbi sorgono sulle ipotesi di flat tax “incrementale” sugli aumenti contrattuali dei dipendenti. Un sistema di difficile attuazione a fronte del quale proponiamo invece di potenziare le agevolazioni sui premi di risultato, oltre all’aggiornamento delle voci non imponibili ai fini IRPEF, ferme ai valori di oltre 25 anni fa.
Da ponderare con attenzione – anche al fine di evitare discriminazioni – l’ipotesi di condizionare alcuni benefici fiscali e non ad una sorta di “ISEE corretto” che tenga conto anche dei redditi soggetti a regimi di tassazione sostitutiva.
IVA
Accogliamo con favore l’ambizioso progetto di riforma disegnato dal DDL, guidato dall’obiettivo di allineare la disciplina nazionale con le disposizioni comunitarie, tuttavia, l’obiettivo di allineare la tassazione su beni e servizi simili dovrebbe estendersi e conciliarsi con le riflessioni in corso sui trattamenti di esenzione IVA, i cui ambiti di applicazione dovrebbero essere rivisti nel loro complesso e aggiornati ai nuovi contesti sociali ed economici.
Apprezziamo, inoltre, gli obiettivi di semplificazione/eliminazione degli adempimenti fiscali (es. accelerazione dei rimborsi da anni richiesta da Confindustria) sebbene, anche in questo caso, auspichiamo che non si traducano in interventi isolati, ma apportino una semplificazione generalizzata delle procedure.
COPERTURE FINANZIARIE
Resta poco decifrabile il tema delle coperture finanziarie per l’attuazione della riforma fiscale.
Una prima fonte di entrate potrebbe venire dalla revisione delle agevolazioni fiscali, c.d. tax expenditures (626 secondo l’ultimo rapporto del MEF 2022) che però va affrontata con la massima attenzione e non esclusivamente su un piano finanziario. Occorre, infatti, valutare quali siano gli obiettivi di politica economica nazionale (settori manufatturieri strategici) ed europea (es. Transizione digitale, energetica ed ambientale), tenendo presente che il nostro Paese già soffre della concorrenza di altri Stati membri che hanno minori vincoli di finanza pubblica e possono utilizzare maggiori risorse per aiuti.
In riferimento ai 226 crediti di imposta da sfoltire per recuperare risorse va detto che molte di queste misure sono state introdotte in via transitoria e straordinaria negli ultimi tre anni, per sostenere i contribuenti colpiti dagli effetti economici negativi dovuti alla pandemia e dall’incremento dei prezzi dell’energia. Nell’ambito della ricerca, ad esempio, il ricorso a strumenti fiscali automatici, consente di finanziare anche la ricerca effettuata dalle imprese in ogni ambito tematico, favorendo l’aumento della qualità e della competitività generale dei prodotti, processi e servizi. Mentre gli incentivi fiscali a sostegno degli investimenti privati hanno avuto un ruolo chiave nel processo di trasformazione dell’apparato manufatturiero in chiave digitale di sostenibilità ambientale (processi industriali che non si sono ancora conclusi). Quindi, salvaguardando alcune istanze analoghe a quelle citate, vi sono sicuramente ambiti nei quali sarebbe auspicabile una razionalizzazione, non intervenendo però a colpi di scure, trascurando le esigenze di certezza del diritto e di programmazione degli investimenti.
INTERPELLI
Condividiamo la necessità di rivedere le dinamiche applicative di tale strumento, la cui proliferazione negli ultimi anni ha raggiunto livelli preoccupanti (da settembre 2018 ad oggi, sono state pubblicate sul sito dell’Agenzia delle Entrate poco più di 3.000 risposte ad interpello a fronte di 135 circolari). Non può essere il contribuente a pagare per il mancato coordinamento tra tali amministrazioni e l’Agenzia delle Entrate o l’assenza di interpretazioni certe. In tal senso, ci auguriamo che anche gli interventi su cooperative compliance e codificazione possano comportare risultati effettivi in termini di certezza del diritto per tutti i contribuenti.
Riponiamo fiducia nel progetto di profonda revisione del sistema sanzionatorio tributario che il DDL annuncia, sul piano penale e amministrativo e in relazione a tutti i tributi. Positive le proposte di revisione delle sanzioni amministrative per attenuarne il carico, in conformità al principio di proporzionalità ed allineandole agli ordinamenti degli altri Paesi europei.Per quanto riguarda i profili penali, si propone la depenalizzazione degli omessi versamenti dei tributi qualora sia dimostrabile una causa di impossibilità non imputabile al contribuente. mancano alcuni interventi decisivi su sulla confisca allargata; sulla rilevanza penale della dichiarazione infedele e sulle soglie di punibilità per le indebite compensazioni dei crediti d’imposta.
Più in generale il sistema sanzionatorio dovrebbe essere idoneo a distinguere finalmente violazioni ed errori involontari, da quelli connotati da intenti fraudolenti.
Il DDL estende la disciplina della transazione fiscale in coordinamento con il nuovo codice della crisi d’impresa: si tratta, però, di un’estensione ancora incompleta perché dovrebbe riguardare anche istituti ad oggi non ricompresi, anche utilizzando veicoli normativi di più pronta approvazione.
Al fine di valorizzare anche l’industria italiana, riteniamo che eventuali interventi fiscali dovrebbero essere destinati allo sviluppo dell’efficienza energetica e delle tecnologie low carbon in tutta la filiera, di produzione e di utilizzo, secondo un approccio di neutralità tecnologica, che possono traguardare contemporaneamente l’obiettivo di sostenibilità ambientale con quello economico e sociale.
In riferimento al tema dei bonus edilizi Confindustria auspica che venga urgentemente avviato un più ampio progetto di revisione degli incentivi all’edilizia privata, tenendo conto sia del percorso di consolidamento dei conti pubblici previsto nei prossimi anni, sia degli obiettivi di decarbonizzazione ed efficienza energetica del settore immobiliare. Occorre, in altre parole, una strategia che sia sostenibile per il bilancio pubblico e, in quanto tale, stabile e duratura per accompagnare in modo graduale e costante la transizione green.
In merito al comparto cultura sono apprezzabili i riferimenti contenuti nel DDL ma sarebbe opportuno intervenire più incisivamente, ad esempio estendendo al settore privato l’ambito di applicazione di una misura già esistente, quale l’Art Bonus, che ha registrato un buon successo e che risponde a pregevoli criteri di mecenatismo e cura del nostro splendido patrimonio culturale.
Fonte: Confindustria