Centro Studi Confindustria: Venti favorevoli sulla rotta dell’economia italiana nella prima parte del 2023
Venti favorevoli sulla rotta dell’economia italiana nella prima parte del 2023. Il PIL è andato meglio del previsto a inizio anno, l’inflazione è in lento calo sebbene ancora elevata, i tassi di interesse sono alti e in salita. La dinamica dell’industria è positiva solo grazie al trascinamento da fine 2022, mentre i servizi e il turismo sono in forte espansione. Gli investimenti fissi in Italia sono frenati soprattutto dalla carenza di risorse delle imprese e dai tassi elevati per il credito. I consumi sono penalizzati dal precedente balzo dei prezzi, mentre continua a crescere l’export. L’Eurozona è in rallentamento, gli USA meno brillanti, frena di nuovo la Cina, ma accelera l’India.
L’economia italiana e internazionale in breve
- Meglio del previsto il PIL. Il 1° trimestre ha visto una ripartenza del PIL sopra le attese (+0,5%) e questo porta la variazione acquisita per il 2023 a +0,8%. Ciò grazie a servizi e industria (sebbene quest’ultima solo grazie al trascinamento da dicembre scorso) che include le costruzioni. Bene l’export, anche se in un contesto internazionale meno favorevole. Il calo del prezzo del gas alimenta la fiducia in Italia, oltre a favorire la riduzione dell’inflazione, che però sarà lenta e continuerà a frenare i consumi.
- Inflazione: lenta discesa. Prosegue il calo dell’inflazione italiana, che resta alta (+7,6% annuo a marzo, +11,8% a ottobre). La variazione dei prezzi energetici (+10,8%) è ora più bassa di quella degli alimentari (+12,9%). Infatti, le materie prime con i maggiori rincari sono quelle alimentari: a marzo restano al +55% rispetto al 2019, mentre il prezzo del gas è relativamente basso (43 euro/mwh in aprile) e quello del petrolio sale poco (86 dollari al barile). La dinamica dei prezzi al consumo al netto di tali due componenti è elevata (+4,8%), per la trasmissione dei rincari dell’energia anche agli altri beni e servizi.
- Tassi alti e in salita. Il costo del credito per le imprese italiane è salito a 3,55% a febbraio (da 1,18% a fine 2021) e a marzo la quota di imprese industriali che ottiene credito solo a condizioni più onerose è al 44,3% (da 7,3%). La stretta segue il rialzo dei tassi di riferimento: quello BCE è arrivato al 3,50% a marzo (da zero) e secondo i future ci sarà un ultimo rialzo entro l’estate, poi un taglio nel 2024; il BTP italiano si è stabilizzato negli ultimi mesi su un aumento di oltre 3 punti (4,13% in aprile, da 0,97%).
- Industria: positiva grazie al trascinamento. La produzione industriale a febbraio ha subito un’altra flessione (-0,2%), dopo che a gennaio era diminuita di -0,5%; la variazione acquisita per il 1° trimestre è di poco positiva (+0,1%), grazie alla buona eredità di dicembre. I dati qualitativi dipingono uno scenario complesso: il PMI a marzo, pur frenando, è rimasto in area di espansione (51,1 da 52,0), ma la fiducia delle imprese è di nuovo calata in aprile, con la flessione di ordini e di attese sulla produzione.
- Servizi in espansione. Bene il turismo in Italia, che è molto sopra i valori del 2019 (a febbraio +8,3% in termini di spesa dei viaggiatori stranieri). Ottime le indicazioni sui servizi: a marzo il PMI è balzato, indicando più crescita (55,7 da 51,6) e la fiducia delle imprese in aprile ha proseguito il suo recupero.
- Consumi frenati. Nel 4° trimestre 2022 l’impennata dei prezzi ha eroso il reddito delle famiglie (-3,7% reale): ne è derivato un calo dei consumi (-1,6%), in particolare alimentari (-5,3%). La domanda è rimasta fiacca a inizio 2023: le vendite al dettaglio di beni si sono ridotte a febbraio (-0,9%; -1,8% gli alimentari). L’indicatore ICC a marzo conferma il “taglio” agli alimentari (-3,9% annuo), pur registrando una crescita dei consumi totali (+1,1%), coerente con la risalita della fiducia (105,5 ad aprile, da 100,9 a gennaio) e con un mercato del lavoro che resta solido (a febbraio +10mila occupati, +0,3% nel 1° bimestre).
- Cresce l’export. L’export italiano resta in espansione a inizio 2023 (+0,5% a febbraio; +0,6% acquisito nel 1° trimestre); migliori ragioni di scambio hanno riportato in positivo il saldo commerciale. Fanno da traino le vendite nei paesi extra-UE, specie Cina; deboli i mercati europei (Germania). Tra i prodotti spicca l’espansione dei farmaceutici. Positive le prospettive, grazie a minori costi e restrizioni nelle filiere mondiali, confermate dagli ordini manifatturieri esteri. Tuttavia, gli scambi globali sono deboli: in calo a gennaio per il quarto mese, con indicazioni negative per febbraio-marzo dal PMI ordini esteri.
- Eurozona in rallentamento. Nel 1° trimestre la dinamica del PIL è stata deludente: +0,1% (da +0,2%). Ciò soprattutto a causa del mancato rimbalzo tedesco (+0,0% da -0,5%). Meglio Francia (+0,2%) e soprattutto Spagna (+0,5%). La stima flash del PMI in aprile (54,4 da 53,7) rileva un miglioramento dell’attività economica nell’Area, grazie ai servizi, mentre scende in zona contrazione la manifattura, più sensibile alla stretta sui tassi. Ancora in calo l’inflazione (+6,9% a marzo) ma più difficile il credito.
- USA meno brillanti. La FED ha rivisto al ribasso le previsioni sul PIL nel 2023 (da +0,5% a +0,4%) e nel 2024 (da +1,6% a +1,2%); i dati hanno poi mostrato un rallentamento superiore alle attese nel 1° trimestre (+0,3%, da +0,6% nel 4° 2022). A marzo, però, l’industria ha registrato un miglioramento: +0,3% la produzione (zero nel trimestre, dopo il -0,6% nel 4° 2022); in aumento il PMI manifatturiero (ma ancora su valori recessivi). Viceversa, le vendite al dettaglio sono scese in modo rilevante (-1,0%).
- Frena la Cina, accelera l’India. La manifattura cinese è andata in stallo a marzo (PMI a 50), dopo la ripartenza di febbraio (51,6); nonostante la buona domanda, le imprese restano caute, pure nel ricostituire scorte. In Brasile si accentua il calo (47,0 da 49,2); resta in espansione l’industria russa (53,2 da 53,6); l’India accelera (56,4 da 55,3), grazie alla domanda rivolta soprattutto a imprese domestiche.
Focus del mese – Investimenti frenati soprattutto da carenza di risorse
- Investimenti in moderazione. Gli investimenti fissi in Italia restano su un sentiero di espansione, dopo l’eccezionale +9,4% nel 2022, di cui +2,0% registrato nel 4° trimestre. Ma sono attesi molto indeboliti nella media del 2023: la variazione già acquisita per l’anno in corso è del +1,8%, cui va aggiunto un profilo trimestrale che però sarà fiacco, soprattutto nella prima metà. E per il 2024 si prevede solo una limitata accelerazione, non tale da rilanciare con forza il PIL.
- Aziende ancora pessimiste. Gli indicatori qualitativi diffusi a inizio 2023 forniscono segnali un po’ più confortanti rispetto alla fine del 2022, ma le imprese continuano a valutare negativamente lo scenario per gli investimenti. Dall’indagine Banca d’Italia sul 1° trimestre emerge che i giudizi sulle condizioni per investire sono divenuti meno negativi, sia per industria e servizi (-17,6% il saldo delle risposte, -45,0% in media nel 2022), che per le costruzioni (-26,4% da -46,3%). Ma la quota di imprese che si aspetta di accrescere gli investimenti nei prossimi sei mesi è in calo (industria e servizi 14,7%, da 21,1%; costruzioni 18,1% da 23,1%), sebbene resti storicamente alta (8,3% e 2,9% nel 2019).
- Non solo imprese. Gli investimenti fissi, in Italia come nelle altre economie avanzate, sono realizzati soprattutto dalle imprese: il 67,6%, includendo il settore finanziario e le imprese individuali; a prezzi correnti, nel 2022, si tratta di 266 miliardi su un totale di 416. Non va dimenticato, dunque, che sono investimenti fissi anche le spese delle famiglie in abitazioni (19,6% del totale) e le spese in conto capitale realizzate dal settore pubblico (12,8%). L’espansione degli investimenti nel 2022 è stata ottenuta soprattutto con i +37 miliardi delle imprese, ma anche grazie ai +14 miliardi di spese strutturali in abitazioni sostenute dalle famiglie.
- Motivi della frenata. Vari fattori contribuiscono al ridimensionamento della crescita degli investimenti nel 2023-24, insieme all’indebolimento della domanda domestica e internazionale soprattutto quest’anno:
1) la graduale riduzione delle agevolazioni fiscali in campo edilizio, che attenuerà quest’anno il contributo delle costruzioni rispetto al 2021-22, in particolare nell’ambito degli investimenti in abitazioni delle famiglie;
2) i margini operativi delle imprese italiane che sono stati messi sotto pressione nell’ultimo biennio dai rincari di commodity ed energia. Nella manifattura, in media, il MOL si è ridotto nel 2022 di 1,8 punti di fatturato dal 2019, con flessioni in quasi tutti i settori industriali (stime CSC). Ciò riduce la capacità di autofinanziamento;
3) il maggior onere per interessi a carico delle imprese che, ai valori attuali dei tassi (che potrebbero però salire ancora), crescerà di quasi 7 miliardi in un anno, pesando sui margini operativi già compressi;
4) le condizioni di offerta più stringenti per il credito che, insieme al minor fabbisogno a breve per le bollette energetiche e al freno che i maggiori tassi pongono alla stessa domanda, hanno bruscamente fermato da fine 2022 i prestiti bancari erogati alle imprese, portandoli poi in negativo (-0,5% annuo a febbraio 2023);
5) i depositi bancari delle imprese, cresciuti molto nel 2020-21, hanno subito di recente un brusco ridimensionamento, pari al -12,9% a febbraio 2023 rispetto a luglio scorso (-56 miliardi). Tale calo è ancor più preoccupante se si considera che le disponibilità liquide delle imprese sono storicamente correlate alla crescita economica e quindi normalmente hanno un trend crescente, simile a quello del PIL nominale.
- Cruciale l’implementazione del PNRR. Per i motivi indicati sopra, non vi sono nei bilanci delle imprese italiane risorse facilmente utilizzabili per finanziare nuovi investimenti fissi. In positivo, può però agire la crescita attesa per gli investimenti in fabbricati non residenziali e in macchinari e attrezzature legata alla spesa delle risorse previste dal PNRR e dagli altri fondi europei. Ciò richiede di implementare bene tale Piano per sostenere gli investimenti, in particolare quelli in tecnologie digitali e per l’efficienza energetica, e per alzare finalmente il potenziale di crescita dell’economia italiana nei prossimi anni.
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Fonte: Centro Studi Confindustria