Centro Studi Confindustria: Economia italiana in crescita, ma velocità diverse: bene i servizi, turismo record, male l’industria
Economia italiana in crescita, ma a velocità diverse: turismo record, bene servizi ed export netto, male l’industria. Aumenta ancora il lavoro, ma salgono anche le ore autorizzate di Cassa Integrazione. Per il petrolio un prezzo alto ma in moderazione, l’inflazione UE tiene alti i tassi BCE. Nei trasporti di merci via mare: rotte più lunghe e costi elevati. Eurozona in risalita, USA in frenata, bene la crescita in Cina.
- In crescita solo parte dell’economia. Nel 1° trimestre 2024 il PIL italiano è cresciuto (+0,3%), anche se la produzione dell’industria e i consumi di beni si sono contratti. In positivo il turismo (su livelli record), i servizi (in moderata crescita) e l’export netto. Agiscono negativamente i problemi nei trasporti mondiali di merci, l’energia ancora cara, i tassi ai massimi. La fiducia di famiglie e imprese è in calo.
- Petrolio: prezzo alto ma in moderazione. Il prezzo del petrolio, dopo aver toccato un picco in aprile, ha invertito larotta a maggio (83 dollari al barile, da 90), ma su un livello ancora elevato: le scorte Ocse di greggio hanno recuperato in parte, nonostante l’offerta nei paesi Opec resti limitata, segnale di debolezza della domanda mondiale di petrolio. Il prezzo del gas, invece, prosegue il percorso di lento rincaro (30 €/mwh a maggio, da 26 a febbraio), su valori più che doppi rispetto a quelli del 2019.
- L’inflazione UE tiene alti i tassi. In Italia l’inflazione è rimasta bassa in aprile (+0,8%): il calo dei prezzi energetici si è attenuato (-12,1% annuo, da -24,7% a fine 2023), mentre quelli core frenano (+2,1%). Ma nell’Eurozona la discesa si è fermata (+2,4%), con la core alta (+2,7%) rispetto alla soglia del +2,0%. L’inflazione USA ha sorpreso al rialzo a marzo (+3,5%). Perciò, FED e BCE ad aprile-maggio hanno tenuto i tassi fermi (5,50% e 4,50%): l’attesa dei mercati è di un primo taglio in Europa a giugno-luglio.
- Cala la domanda interna. Il credito continua a non aiutare consumi e investimenti, sebbene i tassi siano scesi poco e il calo dei prestiti si sia arrestato per le imprese. A marzo l’ICC segnala una frenata dei consumi, in particolare di beni, confermata dalle vendite al dettaglio in calo (-0,1% nel mese e -0,4% nel 1° trimestre). In aprile è scesa per il secondo mese la fiducia delle famiglie e gli ordini delle imprese che producono beni strumentali hanno continuato il trend di riduzione: si apre male il 2° trimestre.
- Aumenta il lavoro. Nel 1° trimestre il numero di occupati ha continuato a crescere (+0,2%), risultato di +133mila dipendenti a tempo indeterminato (+0,8%), -72mila temporanei (-2,5%) e autonomi pressoché stabili. Tuttavia, il rialzo delle ore autorizzate di CIG (+8,6% sul 1° 2023) segnala qualche frenata nell’utilizzo dell’input di lavoro. Accelerano le retribuzioni contrattuali nel settore privato: +4,7% nell’industria nel 1° 2024 (+3,2% nel 2023), +2,3% nei servizi (da +1,3%), rispetto al +0,9% di inflazione.
- I servizi crescono meno. Il turismo straniero a gennaio-febbraio è cresciuto di +20% in termini di spesa corrente sul 2023, che già è stato un anno record. A marzo, RTT (CSC-TeamSystem) nei servizi registra un calo (-3,2%), ma il 1° trimestre si è chiuso con +2,3%. In aprile, anche il PMI è sceso poco (54,3 da 54,6), continuando a indicare crescita, e pure la fiducia delle imprese è calata al minimo da inizio 2024.
- Industria ancora giù. A marzo si è avuta un’ulteriore flessione di RTT nell’industria, dopo quella lieve di febbraio; insieme al calo delle scorte, ciò è coerente con la riduzione registrata dalla produzione (-0,5% a marzo, -1,3% nel 1° trimestre). Per aprile, indicatori tutti negativi: l’HCOB PMI è scivolato di nuovo in area di contrazione (47,3 da 50,4); l’indagine rapida CSC mostra un lieve peggioramento delle attese sulla produzione; continua l’altalena, su bassi livelli, della fiducia delle imprese manifatturiere.
- L’export netto alza il PIL. Nel 1° trimestre forte calo dell’import italiano di beni (-2,8% in volume), più di quello dell’export (-0,8%): ciò dà un contributo positivo al PIL e aumenta il saldo commerciale (+12,8 miliardi di euro). Il commercio mondiale nei primi due mesi ha ristagnato (-0,1% sul 4° 2023).
- Eurozona in risalita. Nel 1° trimestre il PIL dell’area è tornato a crescere (+0,3%), dopo due trimestri di lieve calo. La novità è il parziale recupero in Germania (+0,2% dopo -0,5%); gli altri principali paesi restano in crescita. L’espansione acquisita nel 2024, però, è di appena +0,3%. A marzo, la produzione industriale tedesca è scesa (-0,7%), ma segna +0,3% nel 1° trimestre. In aprile, peggiorano la fiducia (ESI sotto la media 2023) e le aspettative sul mercato del lavoro (EEI a 101,8 da 102,5).
- USA in frenata. Il PIL USA nel 1° trimestre ha rallentato (+0,4% da +0,8%), con il contributo positivo di consumi (+0,4%) e investimenti, negativo di scorte e export netto (-0,2%). La crescita acquisita nel 2024 è già di +1,8%. La produzione industriale nel 1° è scesa di -0,5%, come nel 4° 2023, ma il calo è stato a dicembre-gennaio: nei due mesi seguenti, un rimbalzo (+0,4% al mese). Ad aprile, i posti di lavoro creati sono in calo (175 mila, da 269 mila medi nel 1°), come la crescita dei salari nominali (+0,2%, da +0,3%).
- Bene la Cina. La Cina ha chiuso il 1° trimestre sopra le attese (PIL +5,3% tendenziale), spinta dalla manifattura (+6,1%), specie i settori high-tech: +40% in stampanti 3D, stazioni di ricarica per auto elettriche, altre componenti elettroniche. Buono l’avvio del 2°, con la manifattura in accelerazione ad aprile (PMI a 51,4). Nei prossimi mesi pesa un effetto base sfavorevole sul PIL e l’incertezza sull’export per le nuove restrizioni USA: il sostegno pubblico può essere decisivo per l’obiettivo di crescita al 5,0%.
Il focus del mese — Trasporti via mare: rotte più lunghe, costi elevati
- Trasporti marittimi sotto pressione. Fattori geopolitici e climatici minano sicurezza e affidabilità dei trasporti mercantili globali: gli attacchi Houti nel Mar Rosso, la pirateria nello Stretto di Malacca, la siccità nel canale di Panama, le tensioni nello stretto di Taiwan. Sono colpiti snodi cruciali degli scambi globali di merci: circa l’80% in volume e il 50% in valore avvengono via mare.
- La reazione degli operatori. I grandi vettori mondiali hanno reagito modificando le rotte, riorganizzando le flotte, incrementando la velocità delle navi. E aumentando il costo di shipping (i cosiddetti noli).
- Minori passaggi negli “stretti” marittimi. Da inizio dicembre 2023 a inizio maggio 2024 i transiti nel Mar Rosso sono caduti del 61,5%, mentre quelli intorno all’Africa sono cresciuti del 91,5%. Da fine febbraio, i passaggi per Malacca (uno dei più importanti snodi mondiali) sono scesi del 37,9%. Il risultato è che i transiti totali nei principali chokepoint (stretti) marittimi si sono fortemente ridotti (-22,6% l’indicatore CSC).
- Maggiori costi. Di conseguenza, sono balzati i costi di shipping tra Asia ed Europa e, in misura minore, quelli tra Asia e America. In particolare: i noli Shanghai-Genova sono aumentati di ben 3 volte e mezzo a fine gennaio, per poi rientrare solo parzialmente (ancora +207,4% a inizio maggio); dinamica equivalente per Shanghai-Rotterdam (+216,7%). I noli tra Cina e Stati Uniti hanno reagito con un lieve ritardo, raggiungendo un picco a febbraio e registrando aumenti di circa il 100% a inizio maggio. La rotta tra Shanghai e New York, inoltre, resta costosa anche per l’operatività a mezzo servizio nel canale di Panama. Nel complesso, i costi di shipping globali si attestano a inizio maggio su livelli superiori del 128,6% rispetto a cinque mesi prima. Nel medio periodo un aumento della flotta marittima potrebbe assicurare la capacità necessaria per rotte stabilmente più lunghe. Ma i costi variabili di shipping (ore lavorate, consumo di carburante) rimarrebbero più elevati (per l’Italia +50% con il Giappone, +70% con la Cina, +170% con l’India, in termini di distanza).
- I canali di trasmissione per l’Italia. L’aumento dei noli impatta sul prezzo dei beni importati e sulla competitività dei prodotti italiani, sia direttamente che indirettamente, cioè attraverso il costo e la disponibilità di materie prime e semilavorati acquistati all’estero. Nel 1° trimestre del 2024 circa un terzo delle imprese manifatturiere ha subito ritardi nell’approvvigionamento di input o maggiori costi di trasporto (indagine sulle aspettative di inflazione e crescita di Banca d’Italia). Ciò pesa anche sui conti con l’estero, perché l’industria italiana spesso delega la gestione della catena logistica alla controparte estera.
- L’esposizione italiana alla “rotta Suez”. Il trasporto via mare riguarda una gran parte degli scambi italiani, soprattutto dal lato delle importazioni: quasi il 60% degli acquisti dall’estero in volume (il 35% in valore); tali flussi via mare provengono in larghissima parte da mercati extra-UE. Rispetto a un sotto-insieme di 39 paesi asiatici e medio-orientali collocati oltre il Canale di Suez, lo scambio di beni (import + export) con l’Italia nel 2023 è stato quasi un terzo del totale con l’extra-UE; l’esposizione aumenta considerando solo le importazioni italiane (40% sul totale extra-UE) e in particolare quelle via mare (quasi il 50%).
- Impatto sui prezzi alla produzione nel manifatturiero. Il CSC ha stimato, tramite le tavole Input-Output, l’effetto dell’aumento del costo del trasporto marittimo sui prezzi alla produzione dei singoli comparti manifatturieri, derivante sia dagli input produttivi importati, che dalle interrelazioni tra i settori domestici. Sulla base delle variazioni rilevate nei costi di shipping, si è stimato che l’aumento nei costi di trasporto marittimo ha effetti moderati, in aggregato, sui prezzi alla produzione nel manifatturiero, pari in media a un +0,9%, ma con importanti differenze settoriali. Chimica e metallurgia sono i comparti dove le variazioni nei prezzi all’import degli input hanno un effetto maggiore, rispettivamente di +3,6% e +3,4%. Tale effetto è comunque compensato, al momento, da una spinta deflattiva proveniente dalla Cina su alcuni manufatti. I prezzi all’import in Italia registrano infatti un -1,6% nel 1° trimestre 2024 sul 4° 2023.
Fonte: Centro Studi Confindustria