Centro Studi Confindustria: l’economia italiana si avvia ad evitare la recessione nel 1° trimestre 2023
L’economia italiana si avvia ad evitare la recessione anche nel 1° trimestre del 2023. Nelle previsioni dei diversi analisti per il 2023, il PIL italiano va meglio dell’atteso. Il prezzo dell’energia è sceso, quello dei metalli risale, ma c’è meno inflazione e quindi si intravede la svolta per i tassi. L’Italia si dimostra molto resiliente, con l’industria che migliora, anche se non le costruzioni, e i servizi in crescita. Tengono i consumi delle famiglie, gli investimenti sono in ripresa, ci sono più occupati ma anche più scarsità di manodopera. L’export è in frenata, tra un’Eurozona con una ripresa diseguale e gli USA in cui la crescita è senza industria.
L’economia italiana e internazionale in breve
- Italia resiliente. Il ribasso del prezzo dell’energia da fine 2022, che rimane comunque ben al di sopra dei livelli di due anni fa, sta favorendo la riduzione dell’inflazione in Italia e Europa (seppur su valori ancora elevati) e questo lascia intravedere la fine del rialzo dei tassi entro il 2023 (non prima di un altro paio di aumenti). La fiducia risale, i servizi restano in crescita sostenuti dalla tenuta dei consumi, mentre industria e investimenti reggono a fatica i maggiori costi di credito e commodity.
- Energia giù, metalli su. Il prezzo del gas resta relativamente basso a febbraio (56 euro/mwh in media), ben sotto i livelli registrati in tutto il corso del 2022 (ma era a 14 euro nel 2019). Anche il prezzo del petrolio sembra essersi stabilizzato (83 dollari al barile), su valori poco superiori a quelli pre-crisi (64 dollari). Viceversa, rincarano a inizio 2023 le commodity non-energy (+3,4% da ottobre), soprattutto i metalli (+16,8%), mentre i prezzi alimentari continuano a scendere (-1,2%).
- Meno inflazione. L’inflazione italiana continua a calare (+10,1% a gennaio, +11,8% a ottobre), grazie alla minor variazione annua dei prezzi energetici (+43,1%, da +71,1%); ma la dinamica al netto di energia e alimentari è in salita (+4,6% da +4,2%), per la trasmissione dei rincari passati (energia) agli altri beni.
- Tassi: si intravede la svolta. A dicembre il costo del credito per le imprese italiane è salito ancora: 3,55%, da 1,18% a fine 2021. La quota di imprese industriali che ottiene credito solo a condizioni più onerose è cresciuta al 42,9% (da 7,3%). La stretta segue il rialzo del tasso ufficiale BCE, portato al 3,00% a febbraio e annunciato a 3,50% a marzo; poi secondo i future potrebbe esserci un ultimo ritocco nel 2023 e infine lo stop; il BTP a febbraio si è stabilizzato al 4,04%, poco sotto i picchi (era a 0,97%).
- Migliora l’industria, non le costruzioni. La produzione ha registrato un rimbalzo a dicembre (+1,6%), dopo tre mesi di calo. Nel 4° trimestre la variazione è stata comunque negativa (-0,9%, dopo -0,6% nel 3°), ma poco marcata nella manifattura (-0,4%). E i dati qualitativi di gennaio dipingono uno scenario in miglioramento: il PMI è risalito in area di lieve espansione (50,4 da 48,5), la fiducia delle imprese ha smesso di scendere e oscilla su livelli modesti, gli ordini calano meno, le scorte si sono lievemente ridotte. Nelle costruzioni, invece, la fase di debolezza è attesa proseguire: il PMI è a 48,2 (da 47,0).
- Servizi in crescita. A dicembre il comparto del turismo è rimasto sui valori del 2019 (appena -0,4% come spesa dei viaggiatori stranieri). Buone le indicazioni sui servizi nel 1° trimestre: a gennaio il PMI è balzato in area di crescita (51,2 da 49,9) e la fiducia delle imprese del settore ha continuato a risalire.
- Tengono i consumi, investimenti in ripresa. Le vendite al dettaglio (di beni) fiacche nel 4° trimestre 2022 (+0,4% in valore, -1,8% in volume) confermano decisioni di consumo prudenti per l’alta inflazione; la spesa delle famiglie si è spostata ancor più verso i discount. Cresce invece la spesa per servizi (indice ICC). Per gli investimenti, lo scenario è migliorato a inizio 2023: le aspettative delle imprese sulla domanda sono tornate positive (+10,4 sul 1° trimestre il saldo delle risposte, -4,8 per fine 2022); e cresce la quota di aziende che prevede un aumento degli investimenti nei primi sei mesi (20,0 da 14,4).
- Più occupati, più scarsità. Accanto a un’occupazione in aumento (+37mila a dicembre), si registra in Italia una scarsità di manodopera per una quota crescente di imprese (7,3% da 1,8% a fine 2019, nella manifattura), segnale di carenze quantitative e disallineamenti di competenze (ma meno che nella UE).
- Export bene, ma in frenata. Nel 2022 l’export italiano è aumentato del 7,7% in volume: USA e Francia i primi mercati per contributo alla crescita; gli articoli farmaceutici e chimico-medicinali hanno fatto da traino. Tale ottima dinamica incorpora, però, una stagnazione nel 4° trimestre, che riduce il “trascinamento” al 2023 (appena +1,0%). Inoltre, a gennaio permangono segnali di rallentamento per l’export, in base ai giudizi sugli ordini esteri delle imprese manifatturiere.
- Eurozona: cresce l’ottimismo. In Francia e Germania, dove a fine 2022 si è registrato un rallentamento del PIL meno intenso di quanto prospettato dagli analisti (+0,1% e -0,2%), gli indicatori qualitativi a gennaio tracciano un quadro più ottimistico, sebbene con forti asimmetrie: il PMI tedesco dei servizi torna in zona di espansione (50,7), mentre quello manifatturiero resta molto sotto la soglia (47,3); in Francia invece è la manifattura a risalire (50,5), mentre i servizi sono ancora deboli (49,4).
- USA: crescita senza industria. Nel 4° trimestre 2022 il PIL è cresciuto più dell’atteso (+0,7%), grazie a consumi e investimenti e soprattutto all’impulso della spesa pubblica (+0,9%). A inizio 2023, si conferma debole l’attività industriale: piatta la produzione, in area recessiva il PMI e l’ISM (46,9 e 47,4) e l’indice dei Direttori degli acquisti di Chicago (44,3). Viceversa, le vendite al dettaglio sono salite (+3,0%), in linea con la maggiore fiducia dei consumatori (66,4), mentre l’inflazione è scesa poco (6,4%).
Focus del mese – Previsioni per il 2023: PIL italiano meglio dell’atteso
- Dinamica bassa, ma positiva. La crescita del PIL italiano è prevista scendere da un eccellente +3,9% nel 2022 (per due terzi “gonfiato” dal trascinamento dal 2021), a un valore molto più basso nel 2023, ma decisamente migliore rispetto alle attese di pochi mesi fa. Nelle più recenti previsioni dei principali istituti, pur con delle differenze tra stime poco sopra o sotto il +0,6%, c’è una generalizzata e importante revisione al rialzo rispetto alle stime post-estate 2022, quando ci si aspettava una stagnazione o una moderata recessione, a causa del caro-energia.
- Italia oltre le aspettative. Nel corso del 2022 ha sorpreso favorevolmente l’ottima tenuta dell’economia italiana, che ha frenato nel 3° trimestre (ma meno del previsto) e poi ha limitato al minimo il segno meno nel 4° (appena -0,1%), quando il gas era ancora molto caro (94 euro/mwh in media): la maggior parte degli analisti si attendeva invece un calo del PIL di almeno mezzo punto percentuale nel 4° trimestre del 2022.
- Motivi della tenuta nel 2022. Dal lato dell’offerta, l’industria è calata per due trimestri (il 3° e il 4° del 2022), ma in misura moderata se si considera l’ampiezza dello shock sul costo delle materie prime; i servizi continuano a crescere, tranati dal turismo, sebbene si sia ormai esaurita la spinta data dalle riaperture post-Covid. Dal lato della domanda, il reddito reale totale delle famiglie non è crollato come si poteva temere a fronte dell’altissima inflazione e quindi i consumi sono rimasti su un sentiero di espansione (grazie anche all’extra-risparmio, accumulato dal 2020 fino a inizio 2022); come avviene per gli investimenti, sebbene con un progressivo rallentamento; l’export si è quasi fermato, ma nel peggiorato scenario è andato meglio di quanto segnalato dagli indicatori, anche se al netto dell’import ha abbassato il PIL.
- Il 2023 ha un’eredità positiva dal 2022. La variazione acquisita del PIL per il 2023, quindi, è risultata di +0,4% e non intorno allo zero come si pensava qualche mese fa. Già questo fattore “aritmetico” motiva una decisa revisione al rialzo della crescita annua del 2023. La maggior parte dei previsori, in realtà, ha alzato le stime prima che l’ISTAT pubblicasse il dato sul 4° trimestre (31 gennaio), perché si era già convinta che l’inverno fosse stato di stagnazione invece che di caduta. Le diverse valutazioni sul 4° trimestre 2022, in effetti, sono state fino a gennaio il motivo principale nei divari tra i diversi previsori, ma questo fattore si sta riassorbendo nei round di aggiornamenti di febbraio, che chiaramente tengono conto del dato effettivo.
- Diverse valutazioni sul 2023. Alla variazione già acquisita, va aggiunto il profilo trimestrale del PIL atteso per il 2023. Il prezzo del gas è molto più basso a inizio anno rispetto alle attese di fine 2022: una buona premessa per il 1° trimestre, per i costi delle imprese e per il percorso di rientro dell’inflazione dal picco, iniziato a fine 2022. Ciò può far prevedere che il Paese eviti del tutto la “correzione al ribasso” dei livelli di attività, almeno in aggregato. Al tempo stesso, senza la caduta tra fine 2022 e inizio 2023 si tende a proiettare meno rimbalzo nel resto dell’anno. Anche perché i tassi di interesse più alti frenano gli investimenti e i consumi, via maggior costo del credito. Infatti, anche gli analisti che si aspettano un +0,6 e oltre nell’anno parlano di debolezza nel 1° trimestre (quasi stagnazione) e di graduale miglioramento dal 2°, ma restando su ritmi di espansione moderati. Altri previsori continuano ad aspettarsi un limitato calo del PIL nei primi tre mesi. Le diverse attese sulla partenza dell’anno, cruciale per il calcolo della variazione nell’intero 2023, sono al momento il motivo principale delle differenze nelle diverse previsioni annue.
- Previsioni simili per l’Area euro. Anche per l’Eurozona le previsioni dei principali istituti hanno virato al rialzo rispetto a pochi mesi fa, quando inflazione e costo dell’energia non avevano ancora lasciato intravedere un’inversione di tendenza. Come per l’Italia, le stime per il 2023 si concentrano ora su prospettive più “rosee” (+0,5/+0,8%), ma resta qualche attesa più modesta. L’assenza di un “segno meno” a fine 2022 (+0,1% nel 4°), contro ogni aspettativa, influenzerà plausibilmente in positivo le prossime valutazioni dei previsori.
Fonte: Confindustria