E se le guardie giurate vigilassero sulle opere d’arte nei musei?
di Maria Cristina Urbano
Servono linee guida complessive sui livelli minimi di sicurezza, anche per far partire il progetto dei braccialetti elettronici contro la violenza sulle donne.
L’attività del governo Meloni, insediatosi ormai da più di un mese, dopo essersi caratterizzata nelle prime settimane per azioni e provvedimenti identitari e per proclami valoriali che strizzano l’occhio ad alcune delle principali componenti del proprio vasto e composito elettorato (come il rinnovato accento sulla necessità di rendere efficace un parziale blocco navale in funzione di contrasto all’immigrazione clandestina o di rilanciare un assetto europeo meno Berlino e Parigi centrico) è ora alla prova della prima legge di bilancio. Manovra che è costretta a misurarsi con la difficile situazione congiunturale, scritta nel poco tempo a disposizione e con risorse relativamente limitate, come conseguenza dello stanziamento di circa 21 miliardi per il contenimento del costo dell’energia per famiglie e imprese, a fronte di una manovra che cuba complessivamente 35 miliardi di euro.
Ciò detto, nella consapevolezza che le sfide che il Paese si trova ad affrontare per l’ennesima volta nel giro di pochi anni sono di notevole magnitudo, ci sono due temi tuttavia che potrebbero trovare collocazione in qualche prossimo provvedimento a costi sostanzialmente inesistenti per il bilancio pubblico.
Mi riferisco al supporto che gli istituti di vigilanza privata potrebbero garantire con uomini, mezzi e tecnologie alla sorveglianza dei beni culturali, oggetto nelle ultime settimane di una nuova forma di protesta ambientalista. Non è mio compito, in questa sede, esprimere un giudizio in merito alla discussa efficacia di tale forma di protesta che, nelle intenzioni dei promotori, vorrebbe richiamare l’attenzione della pubblica opinione sui gravi problemi ambientali, alla soluzione dei quali i governi sembrano scarsamente attenti, imbrattando opere d’arte e così facendo evidenziare come la nostra società dia più peso a cose futili (se mai l’arte può così definirsi) anziché alla tutela dell’ambiente.
Le guardie giurate potrebbero, anche solo con la loro presenza, svolgere un ruolo di efficace dissuasione dal colpire con gesti di protesta quei luoghi dove, più che in altri, prevale la bellezza e la conoscenza, in un Paese che custodisce una quota prevalente del patrimonio storico e artistico dell’umanità. Musei che invece oggi sono spesso presidiati, soprattutto nel controllo accessi, vera attività sentinella per la prevenzione di danneggiamenti, dai cosiddetti fiduciari, ovvero da un portierato non armato. Figura professionale, quest’ultima, indispensabile in molteplici contesti, ma professionalmente inadeguata a tutelare un tale patrimonio, soprattutto nei momenti in cui si devono controllare gli accessi di persone e cose, anche tramite apparecchiature di sicurezza.
Tale stato di fatto è il risultato di bandi di gara da parte degli enti pubblici che vengono palesemente redatti in assenza di una corretta valutazione del rischio, senza la conoscenza delle più basilari nozioni di security e quindi di pianificazione della sicurezza del luogo che deve essere custodito, gestito e protetto, anche tenendo conto delle caratteristiche di vulnerabilità delle opere ivi contenute.
Qualche giorno fa poi, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, il premier Meloni ha riacceso i riflettori su uno strumento poco utilizzato, nonostante sia previsto dal nostro ordinamento da più di 20 anni: quello dei braccialetti elettronici, che sarebbero ancora più necessari a seguito del riconoscimento nel 2019 del reato di stalking all’interno del Codice rosso. Gli istituti di vigilanza privata (IVP) hanno la tecnologia necessaria e il personale adeguatamente formato per far partire un progetto di partnership tecnologica e di servizio. Se mi si permette una nota polemica, saprebbero certamente assolvere a tale compito con più efficienza di quanto non possano fare le compagnie di telecomunicazione, che hanno invece in appalto tale servizio dal ministero della Giustizia ma che, con tutta evidenza, fanno altro nella vita.
Qual è, dunque, il tema? Cosa accomuna queste due proposte in apparenza così lontane?
Il fatto che negli anni, nonostante Assiv abbia promosso in tutte le opportune sedi istituzionali, nessun ministero, al netto di roboanti proclami e promesse, abbia redatto linee guida complessive sui livelli minimi di sicurezza ai quali tutti gli enti sottostanti debbano attenersi, soprattutto per una corretta predisposizione dei bandi di gara destinati alla sorveglianza di luoghi spesso assai delicati per funzioni e complessi per criticità intrinseche.
E così abbiamo musei la cui sicurezza è lasciata alla sensibilità dei loro direttori, tribunali a quella dei loro presidenti, ospedali a quella dei direttori sanitari, università e scuole a quella di rettori o presidi.
Il titolo V della Costituzione portato alle sue più estreme, e dannose, conseguenze.
Assiv è pronta a mettere a disposizione del governo Meloni tutto il suo expertise per procedere alla definizione di un aspetto, altrimenti esiziale, per il nostro Stato: quello della salvaguardia di livelli minimi di sicurezza del sistema Paese, nel rigoroso rispetto dei reciproci ambiti di competenza.
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