Confindustria: Risorse e tempistiche del PNRR. A che punto siamo?
I traguardi e gli obiettivi previsti sono finora stati tutti rispettati. Il Piano sta procedendo spedito come anche i pagamenti delle rate. Al nuovo governo rimarranno 26 condizioni da rispettare entro la fine dell’anno.
La NaDEF ha evidenziato ritardi nella capacità di spesa da parte dello Stato. È stato speso meno di un terzo di quanto previsto nel 2020-2021 e sarà speso la metà di quanto previsto per il 2022. L’entità del rinvio è preoccupante perché le risorse arriveranno più tardi ai beneficiari finali delle misure. Tuttavia, potrebbe darsi che alcuni investimenti siano stati realizzati ma non ancora adeguatamente rendicontati sul sistema di monitoraggio e rendicontazione REGIS, specialmente per i progetti già in essere (ad esempio Transizione 4.0 e le misure di efficientamento energetico). Un’altra giustificazione potrebbe risiedere nel fatto che la programmazione originaria delle spese non fosse coerente e commisurata alle reali capacità di spesa della pubblica amministrazione.
La fattibilità economica degli investimenti e il rispetto delle tempistiche sono le due principali incertezze legate all’implementazione del PNRR. Un’implementazione inefficiente del Piano potrebbe ridurne considerevolmente l’impatto economico.
Nonostante gli interventi governativi, permangono gli stessi rischi di inizio anno legati all’attuazione del Piano. Tra questi, i rincari dell’energia, la carenza di alcuni materiali e le elevate differenze di performance tra le pubbliche amministrazioni incaricate di attuare il Piano.
Alcuni fattori favoriranno l’implementazione del Piano: nel 2023 molte opere saranno “cantierizzate”; sono stati istituiti lo sportello Capacity Italy e task force specifiche a supporto degli enti locali; gli snellimenti burocratici introdotti con le riforme del PNRR favoriranno un’accelerazione nella capacità di spesa.
Relativamente al rispetto delle tempistiche, il Regolamento del dispositivo Recovery and Resilience Facility prevede che in caso di un mancato raggiungimento di una condizione in maniera soddisfacente, la rata sia sospesa. Segue un dialogo con la Commissione, scandito da tempistiche rigorose fintanto che non si raggiungerà una soluzione. In caso di grave inadempimento, la Commissione può addirittura risolvere gli accordi e recuperare il prefinanziamento.
In caso di impossibilità parziale o totale a realizzare una condizione per “circostanze oggettive”, è previsto che si possa accordare una modifica con la Commissione. Tuttavia, esistono limiti e rischi, tra cui il fatto che durante la revisione, lo Stato dovrà continuare a conseguire gli obiettivi previsti dal Piano originario e che lo strumento anti-spread della BCE (Transmission Protection Instrument) potrebbe non essere attivabile.
Relativamente alle riforme, è difficile che si possano proporre modifiche nell’attuale fase congiunturale.
1. Le principali incertezze
La fattibilità economica degli investimenti programmati e il rispetto delle tempistiche sono le due principali incertezze legate all’implementazione del PNRR. A maggio, l’Ufficio Parlamentare di Bilancio stimava che se il Piano fosse attuato con efficienza “media o bassa”, la perdita sarebbe quantificabile tra lo 0,9 e gli 1,8 punti percentuali di variazione di PIL in meno rispetto ai 3,2 punti di crescita aggiuntiva prevista a fine 2026, indicata nel Programma Nazionale di Riforma 2022 sotto l’ipotesi di “elevata” efficienza attuativa.
2. Traguardi e obiettivi
Finora il Piano italiano, in linea con quelli degli altri paesi europei, è stato attuato rispettando le scadenze concordate. Tutte le 51 condizioni previste per il 2021 e le 45 previste entro giugno 2022 sono state conseguite (la Commissione ha valutato positivamente la conformità di quest’ultime ed entro ottobre è attesa una decisione dall’ECOFIN) per consentire l’erogazione della seconda rata da 21 miliardi di euro.
Entro fine anno dovranno essere rispettate ulteriori 55 condizioni (4 nel terzo trimestre e 51 nel quarto) per poter ricevere la terza rata da 19 miliardi (Tabella A). Il Governo Draghi aveva dichiarato di puntare a raggiungere 29 condizioni entro fine ottobre, lasciando in capo al futuro Governo le restanti 26 condizioni. Stando alle ultime dichiarazioni governative, al 5 ottobre erano già stati conseguiti 21 dei 55 obiettivi e traguardi previsti per la fine dell’anno.
3. Quanto è stato speso effettivamente finora?
Se per ora traguardi e obiettivi sono in linea con il cronoprogramma, si è rilevato un ritardo nella capacità di spesa. La NaDEF 2022 indica che nel periodo 2020-2021 sono stati spesi solo 5,5 miliardi sui 18,5 programmati, ovvero meno di un terzo di quanto originariamente previsto nel DEF 2021 (Figura A). Per l’anno in corso è previsto un dimezzamento della spesa rispetto a quanto ipotizzato nel DEF di aprile scorso: dei 29,4 miliardi di euro se ne spenderanno probabilmente solo 15. Di conseguenza, la spesa dei 26,7 miliardi di mancate attuazioni nel triennio 2020-2022 è rinviata agli anni successivi, con un aumento consistente nel biennio 2025-2026.
Purtroppo, la NaDEF non riporta informazioni utili né per individuare le voci di spesa rinviate, né la nuova composizione di spesa per ciascun intervento in ciascun anno. Per esempio, se originariamente nel 2023 erano previste misure per 38,7 miliardi di spese, ora queste sono state aumentate a 40,9. Però, in assenza di informazioni su quali siano le singole misure riprogrammate e in quali anni, è plausibile che lo slittamento dei progetti non realizzati nel 2020-2022, abbia a sua volta fatto slittare alcuni progetti del 2023 agli anni successivi. Pertanto, non sono più chiaramente identificabili gli interventi che comporranno la spesa di 40,9 miliardi del prossimo anno.
Nel complesso, l’entità del rinvio è preoccupante se si pensa che il ritardo di spesa da parte dello Stato implica che queste risorse arriveranno ai soggetti attuatori del Piano (tra cui gli enti locali) e ai beneficiari finali delle misure (tra cui le imprese) più tardi del previsto e insieme alle altre risorse che si era programmato di spendere in quegli anni. Tuttavia, almeno due fattori potrebbero giustificare i rinvii di spesa osservati:
A. potrebbe darsi che alcuni investimenti siano stati realizzati, ma non siano ancora stati rendicontati adeguatamente su REGIS, il sistema di monitoraggio e rendicontazione “bottom-up” attivo da luglio, dove i soggetti attuatori del Piano caricano i dati sullo stato di avanzamento dei singoli progetti. Questa ipotesi è tanto più probabile per quegli interventi che erano stati avviati prima dell’approvazione del PNRR, già nel 2020-2021, e per i quali si prevedeva che i finanziamenti nazionali sarebbero stati sostituiti con le risorse del Piano. Per questi appare piuttosto improbabile che le risorse non siano state ancora spese.
B. per certi investimenti la programmazione originariamente ipotizzata potrebbe non essere stata coerente con i rispettivi traguardi e obiettivi del Piano. Sin dall’origine non sono stati chiari i criteri con cui le risorse sono state quantificate e distribuite temporalmente per ciascun investimento, non essendoci alcuna relazione tecnica sottostante. Quindi, è probabile che gli importi non fossero commisurati alle reali necessità e alla capacità di spesa della pubblica amministrazione.
La Relazione al Parlamento del 5 ottobre 2022 sembra confermare le precedenti ipotesi. In merito alla prima ipotesi, il sistema REGIS riporta soltanto le spese per cui sia stata anche verificata e certificata la piena conformità alla normativa del PNRR. Per questa ragione figurano interventi per complessivi 11,7 miliardi, relativi per lo più a “progetti in essere” antecedenti al Piano: Infrastrutture e trasporti (3,6 miliardi), Transizione 4.0 (3 miliardi), Ecobonus-Sismabonus (2,8 miliardi), Resilienza e valorizzazione dei territori comunali (1,2 miliardi), Scuole innovative (396 milioni), Rifinanziamento Fondo SIMEST (398 Milioni), Gestione risorse idriche (181 milioni), Digitalizzazione (128 milioni). Il Governo si attende che la spesa effettivamente erogata alla fine dell’anno sarà in linea con le previsioni. Invece, in merito alla seconda ipotesi, ossia che la programmazione delle spese non fosse adeguatamente calibrata, non è presente una chiara motivazione, ma viene ammesso che la mancanza di erogazioni è in linea con le scadenze previste dal Piano. Quindi, la revisione sembrerebbe legata al fatto che non erano state correttamente programmate in origine.
D’altronde qualche riprogrammazione era verosimilmente da mettere in conto: il Piano è stato approvato a metà 2021 e solo dal 2022 sono state introdotte misure di supporto agli enti locali per facilitare e velocizzare gli iter burocratici. A questi si sono aggiunti altri fattori, illustrati qui di seguito, che potrebbero influenzare il raggiungimento di questi importi nei tempi previsti.
4. Fattori negativi
Nonostante gli interventi governativi, permangono rischi e incertezze di inizio anno legati al deterioramento della congiuntura economica.
Tra i vari interventi governativi, il più rilevante riguarda i DL 50/2022 e 115/2022, con i quali sono stati stanziati circa 9 miliardi di risorse nazionali per contrastare gli extracosti. Le tempistiche sono piuttosto strette: entro il 16 novembre il MEF deve emanare una graduatoria con le opere ammesse ai fondi a cui dovranno seguire gare o procedure di affidamento avviate entro il 31 dicembre. Però il vero nodo critico riguarderà il 2023, anno per il quale il nuovo governo dovrà stanziare nuove risorse per la revisione dei prezzi.
I rincari soprattutto dell’energia possono non rendere conveniente alle imprese partecipare alle gare di appalto, lasciando di fatto alcuni progetti irrealizzabili: sarebbe quindi auspicabile riadeguare i prezzi delle gare con finanziamenti reperiti o a livello nazionale (a partire dalla prossima Legge di bilancio) o a livello europeo (per esempio nell’ambito del RePowerEU).
La carenza di alcuni materiali può rendere concretamente difficoltoso realizzare alcuni investimenti nei tempi previsti. L’associazione dei costruttori edili ANCE ha quantificato i maggiori costi per le imprese derivanti da rincari e carenza di materiali in circa il 35% in più rispetto ai prezzi già aggiornati a inizio 2022.
La scarsa convenienza economica di alcuni bandi ha sicuramente contribuito a che diverse gare d’appalto andassero deserte (es. alcuni bandi 5G). Si è quindi provveduto a modificare certe condizioni di gara, ma in alcuni casi ciò ha comportato ritardi nell’attuazione.
Permane poi il problema strutturale dell’effettiva capacità delle amministrazioni, specie territoriali, di bandire ed eseguire le gare d’appalto successive alla ripartizione dei fondi PNRR. Il raggiungimento quantitativo di alcuni traguardi potrebbe essere minacciato dalle elevate differenze tra le performance delle PA incaricate di realizzarli.
5. Fattori positivi
Il 2022 è l’anno in cui il PNRR prevede l’aggiudicazione di contratti per numerosi investimenti, mentre dal 2023 si entrerà con maggior vigore nella fase di cantierizzazione delle opere. Un segnale incoraggiante viene dai numeri delle opere pubbliche, tra cui anche quelle finanziate con risorse del PNRR: secondo il Rapporto di CRESME per fine anno si potrebbero raggiungere importi superiori ai 55 miliardi, in aumento di circa il 20% rispetto al 2021. La Relazione al Parlamento indica che quasi tutte le misure del PNRR sono state avviate o risultano avviate in via preliminare con almeno un atto amministrativo, date le loro caratteristiche di elevata complessità operativa o procedurale. Inoltre, risultano attivate 334 procedure per un importo complessivo di quasi 95 miliardi, di cui oltre 32 miliardi appartenenti a 43 procedure ancora aperte.
Parte del risultato deriva da alcuni soggetti attuatori del Piano, per esempio RFI, che hanno scelto di anticipare con risorse proprie le maggiori coperture amministrative richieste per fronteggiare i rincari, consentendo così di avviare subito le gare, in attesa di ricevere poi le risorse del PNRR.
A questi fattori, vanno aggiunti l’operato di task force specifiche, la creazione di uno sportello del MEF (“Capacity Italy”) a supporto degli enti locali, l’inserimento di tecnici nella PA, l’effetto delle riforme che contribuiscono ad accelerare la capacità di spesa.
6. Cosa succede in caso di ritardo nel raggiungere una condizione prevista
In caso di ritardo, si potrebbe concordare un posticipo ragionevole con la Commissione. Se uno Stato membro si rendesse conto di non riuscire a rispettare una scadenza potrebbe concordare con la Commissione un posticipo della stessa (es. dal 31 dicembre 2022 a 31 gennaio 2023). Una volta raggiunta anche la condizione posticipata, come di consueto, lo Stato membro presenterà la richiesta di pagamento della rata e sottoporrà i traguardi e obiettivi alla valutazione della Commissione.
7. Cosa succede in caso di mancato raggiungimento
In caso di un mancato raggiungimento di un obiettivo, la rata è sospesa. Potrebbe altresì accadere che la Commissione giudichi che un traguardo o obiettivo in scadenza non sia raggiunto dallo Stato in maniera soddisfacente. In tale circostanza, il pagamento di una parte o della totalità della rata viene sospeso e inizia un dialogo con la Commissione, scandito da tempistiche rigorose, in cui lo Stato membro è chiamato a presentare le proprie osservazioni e ad agire entro certi termini per evitare una sospensione dei pagamenti via via crescente e proporzionata al grado di inazione. In caso di grave inadempimento, la Commissione può addirittura risolvere gli accordi di prestito e recuperare l’intero prefinanziamento. Invece, se lo Stato membro decide di adottare le misure necessarie per raggiungere il traguardo o l’obiettivo mancante, riceverà il pagamento non appena la Commissione giudicherà soddisfacenti i risultati raggiunti.
8. Cosa succede in caso di impossibilità a realizzare il Piano
Esistono alcune fattispecie in cui è possibile modificare il PNRR, tra cui il caso in cui circostanze oggettive ne impediscano la realizzazione. Infatti, il Regolamento europeo del dispositivo Recovery and Resilience Facility ha previsto che, qualora “circostanze oggettive” impediscano la realizzazione parziale o totale degli interventi previsti nel PNRR, uno Stato possa chiedere alla Commissione una modifica o sostituzione di alcuni interventi e dei relativi traguardi e obiettivi. Tra le “circostanze oggettive” rientrano l’elevata inflazione e la crisi energetica attuale. In ogni caso, in sede di eventuale revisione, la Commissione valuterà ogni singola misura proposta chiedendo indicazioni dettagliate sul perché una certa condizione non è più raggiungibile e altre informazioni per valutare al meglio le modifiche.
9. Ma ci sono molti limiti e rischi che occorre tenere ben presente:
a. durante il processo di revisione, lo Stato deve continuare a conseguire gli obiettivi previsti dal Piano originario;
b. le modifiche proposte non dovrebbero incidere sul livello di “ambizione” del Piano iniziale, specialmente dal lato delle riforme;
c. le misure sostitutive dovrebbero contribuire a raggiungere anche gli obiettivi previsti dal REPowerEU;
d. l’impatto positivo sul potenziale di crescita dello Stato potrebbe diminuire se alcuni investimenti venissero ridimensionati o annullati;
e. in caso di sospensione dei finanziamenti, i cantieri aperti potrebbero bloccarsi, con conseguenti problemi finanziari per le imprese coinvolte;
f. se, durante il dialogo per modificare il Piano, lo Stato smette di rispettare le scadenze, il nuovo strumento di politica monetaria della BCE per contrastare gli spread (il Transmission Protection Instrument) potrebbe non essere attivabile. Infatti, lo strumento prevede, tra le altre cose, che il Paese stia rispettando gli impegni previsti dal PNRR.
10. Le riforme
Sulle riforme rimane essenziale procedere celermente: ci sono 23 condizioni, relative alle riforme, da completare entro la fine del semestre. Una loro revisione è alquanto improbabile. Gli iter burocratici parlamentari, di per sé travagliati, sono soggetti a forti pressioni politiche e si tende a procedere con decreti-legge, talvolta rimandando alcune decisioni cruciali.
Sono aumentati il rischio di non rispettare le tempistiche concordate e il rischio di introdurre modifiche sostanzialmente inefficaci per alcune riforme. Questa preoccupazione giustifica la scelta del Governo Draghi di accelerare su alcune riforme (es. Legge sulla Concorrenza), anche in virtù della “clausola di non reversibilità” che non consente di introdurre cambiamenti nel contesto di misure adottate precedentemente, proprio per evitare “annacquamenti” o “abrogazioni”. Tra le sfide centrali ci sono l’adozione dei provvedimenti attuativi per la legge sulla concorrenza, degli atti delegati per le riforme della giustizia civile, penale e del quadro in materia di insolvenza e l’entrata in vigore di un piano nazionale per la lotta al lavoro sommerso in tutti i settori economici.
Fonte: Centro Studi Confindustria