L’Espresso. Ambasciatore Attanasio. La tragedia poteva essere evitata? Una intervista al Professor Saccone, IFI Ad.

di Gianfranco Capozzoli


Ho intervistato il Professor Umberto Saccone direttore del Master in intelligence e Security presso la Link Campus University e Presidente di Ifi Advisory, in merito all’omicidio dell’Ambasciatore italiano in Congo, avvenuto qualche giorno fa.

GC: L’Ambasciatore Attanasio avrebbe chiesto di raddoppiare la sua scorta ricevendo il diniego della Farnesina…
US: La giornalista Longo della Stampa in forza alla redazione di Roma, è stata la prima a denunciare dalle colonne della Stampa, lo scorso 26 Febbraio, che l’ambasciatore aveva chiesto quattro uomini. Domanda rimasta inascoltata da parte degli ispettori del ministero. Qualora questa notizia risultasse confermata la questione aprirebbe un altro fronte di indagine.

GC: Andrebbero accertate le cause della morte…
US: La Procura di Roma a questo punto dovrebbe esplorare non il come ma il perché. Non vogliamo solo sapere come sono stati uccisi il nostro Ambasciatore, il Carabiniere Iacovacci e l’autista del convoglio Mustapha Milamb, ma perché hanno perso la vita in un vile attentato. Va accertato se vi è stata superficialità nella valutazione delle misure di sicurezza e se vi sia stata negligenza.

GC: Quello che lei sostiene tra le righe è che è possibile che l’Ambasciatore avesse percepito la rilevanza del rischio e avesse comunicato i timori per la propria incolumità alla Farnesina, a seguito del deterioramento del contesto locale…
US: Si certo. A questo punto bisogna chiedersi se questo che lei dice richiama responsabilità di vertice. Le chiedo, ma ci chiediamo tutti quali valutazioni siano state fatte e come si sia potuto sottovalutare la minaccia e in questo caso con quali argomentazioni.

GC: Lei, professore, con la sua società, come già visto in una precedente intervista si occupa proprio di assistenza e consulenza in aree di crisi…
US: Secondo i nostri analisti di IFI Advisory, la società di intelligence che monitora il trend di rischiosità nel mondo, Il quadro di sicurezza della Repubblica Democratica del Congo (RDC) è notoriamente instabile.

GC: può fornirci un quadro più preciso?
US: Nel Paese operano circa 130 gruppi armati non statali le cui attività sono concentrate tra le provincie orientali del Nord Kivu, Sud Kivu, Ituri e le regioni del Katanga e del Kasai. Tra queste milizie si segnalano le Allied Democratic Forces (ADF), le Forze Democratiche per la Liberazione del Rwanda (FDLR), le Mai Mai e le CODECO.

GC: Il tasso di criminalità violenta è molto alto…
US: Sì, soprattutto nella capitale Kinshasa e nelle città di Lubumbashi, Kolwezi, Likasi e lungo i principali collegamenti stradali. Nonostante la presenza della missione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per la stabilizzazione della Repubblica Democratica del Congo (MONUSCO), nel 2019 è stato registrato un incremento del 91% delle operazioni attribuite ai gruppi armati congolesi. Nelle provincie del Nord e Sud Kivu, dall’aprile 2017 sono stati registrati 4.898 incidenti violenti associati a operazioni di gruppi armati non statali, per un totale di 10.542 vittime e 4.995 rapimenti con finalità di riscatto.

GC: Nonostante la presenza delle truppe della MONUSCO e i programmi di disarmo avviati dal Presidente Tshisekedi…
US: I gruppi armati non statali rappresentano un’importante criticità per il quadro di sicurezza delle province orientali. Difatti, in primo luogo, le operazioni condotte dalla MONUSCO non sono coordinate con quelle delle forze di sicurezza congolesi e non appaiono rispondere alle reali necessità della popolazione locale, tra cui è crescente l’astio verso i caschi blu. In secondo luogo, i piani di disarmo attuati dal Presidente congolese non prevedono dei percorsi di reintegro efficaci che contribuiscano a ridurre le attività dei gruppi armati non statali.

GC: Una delle principali fonti di guadagno di queste milizie restano i rapimenti con finalità di riscatto…
US: Per gli stranieri la minaccia rappresentata dai rapimenti è moderata nelle regioni del Kasai e del Katanga, mentre è molto alta nelle regioni del Nord Kivu, Sud Kivu e dell’Ituri.

GC: In prospettiva il quadro di sicurezza resta instabile…
US: …e non sono presenti elementi tali da presupporre un miglioramento dello stesso. Il livello di pericolo associato a fenomeni di natura terroristica appare in aumento.

GC: Quali sono i gruppi armati che rappresentano una maggiore minaccia?
US: Nel breve e medio periodo il gruppo armato che rappresenta la maggiore minaccia sono le ADF. La milizia jihadista nel biennio 2019-2020 ha conosciuto un incremento degli attacchi compiuti sia da un punto di vista quantitativo, sia per la capacità strategica e le risorse a disposizione. Anche se ancora poco chiari, i rapporti tra le ADF e l’organizzazione terroristica transnazionale dello Stato Islamico hanno conferito alle operazioni del gruppo armato ugandese un impatto mediatico maggiore, garantendo alle ADF il parziale sostegno della popolazione locale. La progressiva riduzione degli effettivi della MONUSCO e l’inasprimento della guerra per procura nelle provincie congolesi orientali aggraveranno ulteriormente il quadro di sicurezza della regione.

GC: In prospettiva, quindi, il Paese continuerà a presentare un alto grado d’instabilità…
US: Le proteste violente e le sommosse armate aumenteranno, numericamente e per intensità, anche in vista delle elezioni generali del 2023. Il risultato della prossima tornata elettorale è di difficile previsione e sarà influenzato dagli esiti dell’attuale crisi politica. In virtù delle tensioni e delle divisioni emerse tra i due fronti è probabile che FCC e Unione Sacra si presentino nuovamente divisi alle urne. Inoltre, il risultato elettorale influenzerà le dinamiche della politica estera congolese. Qualora Tshisekedi fosse confermato per un secondo mandato, allora proseguirebbero le positive relazioni diplomatiche con gli Stati
Uniti. Di contro, se il Presidente sarà espresso dal partito di Kabila, allora i rapporti diplomatici tra Kinshasa e Washington potrebbero vedere una nuova battuta d’arresto.

GC: In tale contesto, è fondamentale sottolineare come il ruolo della nostra diplomazia appare cruciale e irrinunciabile…
US: Esigenza che deve però essere corroborata da iniziative, in termini di sicurezza delle nostre persone, commisurate alle problematiche del panorama geopolitico.

GC: La portata umana e istituzionale di questo tragico evento, che non deve essere ripetuto, ci impone dunque di ricostruire puntualmente il processo organizzativo di attribuzione delle responsabilità e dei poteri gestionali, decisionali e di spesa. A tal proposito la invito a condividere una analisi…

US: Va analizzato a fondo quali siano state le misure intraprese per valutare e gestire i rischi inerenti al contesto locale per l’incolumità del personale diplomatico nella Repubblica Democratica del Congo; in tal senso, confidiamo che, vista la complessità della situazione locale, non si sia fatto supino ricorso alle informazioni del sito web “Viaggiare sicuri”, attesa la mera indicatività delle informazioni ivi contenute, come riportato nelle diciture del sito web in parola e dalla Legge, 17 aprile 2015, n. 43 che all’Art. 19-bis recita: “il Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, avvalendosi anche del contributo informativo degli organismi di informazione ai sensi della legge 3 agosto 2007, n. 124, rende pubblici, attraverso il proprio sito web istituzionale, le condizioni e gli eventuali rischi per l’incolumità dei cittadini italiani che intraprendono viaggi in Paesi stranieri. Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale indica altresì, anche tramite il proprio sito web istituzionale, comportamenti rivolti ragionevolmente a ridurre i rischi, inclusa la raccomandazione di non effettuare viaggi in determinate aree. Resta fermo che le conseguenze dei viaggi all’estero ricadono nell’esclusiva responsabilità individuale di chi assume la decisione di intraprendere o di organizzare i viaggi stessi”. Inoltre, atteso che, ai sensi dell’art. 2 lett. B) del D.lgs. 81/2008, nelle pubbliche amministrazioni per datore di lavoro “si intende il dirigente al quale spettano i poteri di gestione, ovvero il funzionario non avente qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui quest’ultimo sia preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale, individuato dall’organo di vertice delle singole amministrazioni tenendo conto dell’ubicazione e dell’ambito funzionale degli uffici nei quali viene svolta l’attività, e dotato di autonomi poteri decisionali e di spesa. In caso di omessa individuazione, o di individuazione non conforme ai criteri sopra indicati, il datore di lavoro coincide con l’organo di vertice medesimo”. Nel fatto in specie è necessario conoscere quale sia stato il datore di lavoro di riferimento e di quali deleghe, poteri e strutture organizzative fosse dotato e quali misure e valutazioni del rischio abbia parimenti intrapreso per tutelare il nostro personale. Ed infine l’adeguatezza e conformità di dette misure alla luce di quanto previsto dal Documento di Valutazione dei rischi (DVR) e del contesto locale, e ogni ulteriore elemento utile alla ricostruzione del processo di gestione dei rischi, di attribuzione delle responsabilità e di ricostruzione della dinamica.

GC: Dalla ricostruzione dell’evento alla data odierna sembrano emergere inquietanti elementi di stridente contrasto…
US: Ci sono elementi di contrasto tra le misure di sicurezza richieste dalla normativa italiana di cui al D.lgs. 81/2008 e dalle best practice di protezione del personale all’estero e le misure effettivamente adottate per la tutela delle vittime.

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